Ricordate l’aneddoto di Carl Sagan del “drago nel garage”? Una storia che, nonostante sembri incredibile, viene raccontata con la stessa convinzione di chi giura di averlo visto con i propri occhi. Oggi, nel caleidoscopico mondo dei trasferimenti, le parole di Giovanni Manna, DS del Napoli, sembrano evocare proprio quell’immagine.
Manna aveva dichiarato:
“Danilo lo conosco personalmente dalla mia precedente esperienza, avevamo definito tutto, quando dico tutto è tutto, ci aspettavamo arrivasse nei giorni successivi all’accordo, poi ha fatto una scelta di vita diversa, ci sono anche aspetti umani“.
Eppure, il destino ha scritto una pagina diversa: il brasiliano della Juve, 33 anni, ora si è accasato al Flamengo. I rumor di un accordo sigillato, i sussurri di un imminente arrivo sul Vesuvio, si sono spostati come nuvole dopo la pioggia, lasciando spazio a domande scomode. Se davvero era tutto fatto, perché il giocatore ha cambiato idea? È possibile che quella sicurezza narrata da Manna non fosse altro che un castello di sabbia, destinato a farsi infrangere al primo assalto della realtà? E se fosse stato il Napoli ad aver mostrato un semplice interesse?
C’è chi potrebbe sospettare che il vero problema non sia stato il giocatore, ma l’accordo stesso. Forse, in fondo, il Napoli non è mai riuscito a fare l’affondo, a chiudere quel patto senza dover pagare un indennizzo alla Juve. Forse, sotto il velo di eleganza, Manna ha cercato di scaricare la responsabilità sul “fatto umano”, su quella “scelta di vita diversa” che, a suo dire, avrebbe spinto Danilo a guardare altrove.
E qui sorge il nodo del dubbio, come il “drago nel garage”: una realtà che, seppur raccontata con convinzione, lascia intravedere crepe nel racconto. Le parole di un DS, per quanto autorevoli possano sembrare, non sono altro se non una parte del puzzle. Quando il giocatore, con la sua firma sul contratto del Flamengo, ribalta la sceneggiatura, ci si deve chiedere: era davvero tutto definito? O c’era un margine, una scappatoia, una trattativa mai realmente conclusa? O il Napoli ha semplicemente sondato il giocatore ma il suo inserimento in rosa non è stato ritenuto opportuno? Basti pensare che Conte sta ritenendo affidabile Juan Jesus come alternativa. Danilo sarebbe partito come ultimo nelle gerarchie.
In un calcio dove il mercato è un susseguirsi di promesse e dicerie, il caso di Danilo diventa un monito: non bisogna mai dare per scontata la narrazione ufficiale. Le “scelte umane” possono rivelarsi comode giustificazioni per un affare mai davvero chiuso, per un accordo che, sul tavolo della trattativa, ha lasciato spazio a troppo mistero e troppo silenzio.
Così, mentre alcuni si affidano alle parole dei vertici, lo scettico osserva e sa che il vero protagonista di questa storia è il destino, capace di trasformare una certezza in un miraggio. E noi? Noi, sciocchi spettatori, ci strappiamo i capelli dinanzi all’enigma: dov’era, dov’era mai il drago invisibile? Giaceva forse, maestoso e impalpabile, nel garage del Napoli? O non fu mai? Coloro che giurano la presenza del drago nel garage sbraitano, mordono l’aria, fustigano gli scettici, colpevoli soltanto di non inginocchiarsi dinanzi al nulla. Ma al di là delle piroette verbali, al netto delle messinscene, la realtà si fa beffa: Danilo non è mai transitato dalla Juve al Napoli. E così l’onere della prova si rovescia come un calice avvelenato su chi, con tronfia sicumera, ha proclamato la verità ultima. Verità, un parola che nell’affare Danilo ha trovato solo un eco vuoto.
