Un Messi così non si era ancora visto. Così avevo iniziato un articolo prima dell’appuntamento croato. Non mi riferivo al Messi calciatore. Tutti gli aggettivi erano stati già usati. Nessuno, oggi, si addice più al calciatore. Ancora tanti però ne abbiamo per l’uomo che finalmente ha tirato fuori il leader patriottico.
Lo era stato catalano ma non argentino. A Barcellona era diventato ed ancora è una istituzione, in terra di “casa” aveva più di una volta “mancato”.
Di Leo troppe volte si era detto della Fragilità bianco celeste. Pressione e responsabilità. Il Qatar ha tirato fuori un uomo finalmente divenuto adulto. Cresciuto e maturo. Ha chiuso il suo cerchio. Leader di sé stesso, della sua squadra e del Paese che lo ha eletto “Presidente”.
Un gol su rigore ed il piede su ogni giocata che diventa pericolosa.
Prima Leo poi altri 10 ma l’Argentina non è solo i suoi colpi. È corsa, attenzione tattica, organizzazione e gestione delle risorse. La panchina sarebbe una seconda squadra.
Leo è temuto come nessun calciatore. Inventore. Nemmeno Mbappe’ che oggi si gioca l’accesso alla finale col Marocco, è tanto tenuto in considerazione.
Un Messi così non si era ancora visto.
Da un lato Messi dall’altro Modric. Il tocco d’esterno più bello d’Europa. Ieri in ombra. In ombra con Brozovic e Perisic. Troppa Argentina per la “piccola” Croazia.
3-0 senza appelli.
Troppo il desiderio argentino di alzare quella “maledetta” coppa. Trovarsi in finale 8 anni dopo. Generazione nuova ed affamata. La volta buona? Messi ne è certo.
Napoli partecipa attivamente all’opera. In ogni casa c’è qualcosa di argentino.
I ricordi. Le foto. I pensieri che ci riportano ad un passato dolcissimo.
Leo non sarà mai Diego ma Napoli cerca il suo nuovo profeta.

Pedagogista dello Sport