A Napoli sono bastati due pareggi per scatenare parte della tifoseria, nonché qualche addetto ai lavori, tutti pronti a puntare l’indice verso Luciano Spalletti, accusato di una lettura non sempre eccelsa delle partite.

Così, all’ombra del Vesuvio si ripropone l’amletico dubbio che ha costantemente accompagnato l’intera carriera dell’uomo di Certaldo. Che pur essendo indubbiamente un tecnico di spessore, abituato a lavorare con grandi giocatori, in società di vertice, almeno in Italia ha vinto poco o nulla: una manciata di Coppe Italia e poco altro.

Una sorta di misterioso paradosso. Divisivo quanto il confine che passa dall’essere ricordato come un sublime stratega, rispetto all’archetipo del perdente di successo…

Il Peccato Originale

In particolare, all’allenatore toscano viene imputata una cattiva gestione delle sostituzioni con la Fiorentina, arrivate probabilmente fuori tempo massimo.

Eppure Spalletti non è nuovo a certe cacciate di ingegno. Negli occhi dei napoletani, infatti, rimarrà impresso a imperitura memoria l’ingresso di Davide Santon per Mauro Icardi, a pochi minuti dal termine di InterJuventus.

Erano i giorni in cui il Napoli di Maurizio Sarri poteva (quasi…) toccare lo scudetto con le mani, avendo violato la casa della Vecchia Signora con una imperiosa testata di Koulibaly.

La settimana dopo, il fattaccio incriminato: al 84’, con i suoi in vantaggio, l’allora tecnico dei nerazzurri richiama in panchina il centravanti, inserendo un terzino.

Doveva essere un modo per mettere in ghiaccio il risultato e per scacciare la paura. Invece l’Inter si abbassò talmente tanto, rintanandosi a ridosso della propria area di rigore, da favorire la riaggressione della Juve. Morale della favola: gli ospiti la ribaltano con Cuadrado e Higuain, passando dal 2-1 al 2-3 in un attimo.

Il 28 aprile del 2018, quindi, è equiparabile, per i tifosi azzurri, al Peccato Originale, francamente imperdonabile. 

Spalletti poco lungimirante

Mentre per il match contro il Lecce, le responsabilità di Spalletti nelle imperfezioni palesate al cospetto dei salentini sono evidenti. Gli si rinfaccia di avere pasticciato con l’ampio turnover. Aggravato dal cambio di sistema.

Si discute, in particolare, sulla scelta di distribuire “scientificamente” il minutaggio. Interpretato alla stregua di un maldestro tentativo teso a ridisegnare la squadra, già abbondantemente rinnovata dal mercato. Ergo, ancora alla ricerca delle giuste distanze nello sviluppare il gioco con fluidità.

Di certo questa partita deve far riflettere sull’impatto prodotto nel passaggio dal 4-3-3 al 4-2-3-1. Oltre al peso specifico di Lobotka come equilibratore nel Napoli attuale nelle due fasi. Al metodista slovacco difficilmente si può rinunciare.

Paradosso che si ripete

Insomma, le gare con Fiorentina e Lecce hanno improvvisamente risvegliato le ataviche inquietudini generate dalla scorsa annata. Percepita dall’ambiente come un fallimento.

Quando il Napoli aveva dato la sensazione di potere seriamente contendere il titolo al Milan. Però in soli quattordici giorni si sciolse come neve al sole, buttando il sogno alle ortiche.

Qualcosa a metà tra l’occasione irripetibile ed il delitto perfetto: doppio passo falso casalingo – sconfitta con la Fiorentina e pareggio con la Roma – seguito dal disastro di Empoli

Ovviamente, la stagione è appena iniziata, dunque è veramente presto per lasciarsi andare a conclusioni affrettate. Nondimeno è giusto sottolineare come l’idea che oggi la squadra partenopea avesse una consistenza diversa dal passato sembra già miseramente accantonata.

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