Serie A: c’è la data

La Serie A sfugge, almeno per il momento, alla ghigliottina del Governo. Ostile, ai limiti del masochismo, a sostenerne la ripresa.

Sulla scorta di un evidente pregiudizio ideologico, l’Esecutivo Conte considera il calcio esclusivamente dal punto di vista economico-finanziario. E non come centro nevralgico di un sistema piramidale. Capace di produrre i suoi effetti, in maniera trasversale, su tanti momenti della vita, civile e sociale, dei cittadini.

Aspettando con ansia la decisione di Spadafora e del Parlamento, in tutt’altre faccende affaccendati, alla luce della Spada di Damocle che pende sulla testa dello sfiduciato Ministro Bonafede, anche oggi siamo costretti ad assistere a quel bizzarro teatrino dell’assurdo, che tiene prigioniero l’italico pallone.

L’atteggiamento sempre più equivoco dell’Esecutivo, orientato a fare mezzo passo avanti ed un paio indietro ogni qual volta, invece, dovrebbe palesare tutto il suo decisionismo, è un ostacolo insormontabile alla ripresa del Paese. Non solo dal punto di vista meramente calcistico.

Le parole del Ministro dello Sport (“Il 28 maggio decideremo sul campionato…”) rappresentano l’ennesimo tentativo di temporeggiare. Perchè Spadafora dice e non dice. E quando parla, non è raro che contraddica le sue stesse dichiarazioni.

Riviste le norme su clausura e positivi

E’ innegabile, però, quanto sia prigioniero del comitato tecnico scientifico. Vero motore di una politica che, consapevolmente, ha scelto di non decidere nulla.

Nel frattempo, i Soloni che supportano il Governo con la loro enciclopedica conoscenza, hanno partorito una piccola decisione, approvando il nuovo protocollo presentato congiuntamente da Figc e Lega.

In sostanza, sono stati cassati i punti ritenuti finora inapplicabili dalle società.

Ovvero, i club potranno riprendere gli allenamenti collettivi. Senza alcuna restrizione, subordinata alla clausura vincolante per il cd. “gruppo squadra”.

Resta l’annoso problema della quarantena per tutti, nel caso in cui dovesse riscontrarsi la positività. Anche soltanto di un giocatore. Sostanzialmente, l’eventuale positivo andrebbe in quarantena. Mentre gli altri potranno continuare a lavorare. Ma isolati e monitorati presso il centro tecnico.

Il prossimo step, dunque, è fissato per il 28 maggio. Tifosi e addetti ai lavori cominciano a guardare con curiosità, mista ad interesse, a quella data. Il Consiglio Federale, infatti, potrebbe calendarizzare, finalmente, la ripresa ufficiale del campionato. Rigorosamente a porte chiuse, ovviamente. Circostanza che permetterebbe, in un colpo solo, di soddisfare una duplice esigenze.

La condiscendenza del sindacato calciatori

Chiudere dignitosamente la Serie A, con i risultati maturati sul terreno di gioco, invece che cristallizzando le classifiche. Evitando, contemporaneamente, l’ingolfamento dei tribunali, oberati dagli inevitabili ricorsi e controricorsi.

A quel punto, il pallone potrebbe cominciare nuovamente a rotolare, rispettando quei protocolli in materia di sicurezza igienico-sanitaria, funzionali a scongiurare qualsiasi rischio di contagio da coronavirus per tutti i tesserati.

Così, mentre il calcio italiano si avvia a scongiurare una morte altrimenti lenta ed inesorabile, causata principalmente da strategie assai poco lungimiranti perseguite da presidenti vari e proprietari assortiti, è opportuno rimarcare la condiscendenza del sindacato.

In un momento talmente drammatico, dal presidente dell’Assocalciatori, ci si sarebbe aspettata una maggiore partecipazione. In luogo della remissività con la quale Damiano Tommasi s’è fatto piovere passivamente addosso gli eventi. Senza capire veramente da che parte stare.

In effetti, l’A.I.C. non si è mai schierata, nella diatriba tra calcio e politica. Anzi, ha scelto un cauto attendismo. Ai limiti dell’autolesionismo. Magari, aspettando che gli eventi subissero una impennata, verso una direzione o nell’altra. La leadership del sindacato, di fatto, s’è ridotta ai minimi termini.

Qualcuno ha scambiato la Serie A per un reality tv

In definitiva, l’idea di prendere una decisione, giusta o sbagliata che fosse, in un momento di estrema difficoltà, testimonia il fallimento del Governo. Nonchè, di quei “personaggi”, deputati per ruolo istituzionale ed a vario titolo, a scegliere, piuttosto che detergersi la coscienza, attraverso i loro rumorosissimi silenzi.

Quando la politica dimostra una pochezza disarmante, comportandosi come il più squallido dei reality tv, gli uomini diventano il propulsore necessario per ripartire. Chiaramente, non quelli privi di personalità e midollo, disponibili a qualsiasi compromesso, pur di sopravvivere. Ancorati al potere della poltrona…

Francesco Infranca

 

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