Giungono segnali incoraggianti da Verona, nonostante l’ottimismo in casa Napoli sia ancora condizionato da una serie di incognite, legate innanzitutto alla sofferenza quando viene preso alto dall’avversario.
Non è il pressing asfissiante e ultraoffensivo con cui la Fiorentina ha reso praticamente impossibile agli azzurri di ragionare attraverso il possesso, obbligandoli a forzare la giocata. Nondimeno, era abbastanza leggibile anche la strategia di Baroni. Ostruire la zona centrale, schermando le fonti del gioco di Garcia. Provare a sporcare le linee di passaggio, così da costringere gli ospiti a esplorare prevalentemente le fasce.
A proposito del lavoro in ampiezza, mancano i perfetti automatismi della scorsa annata. In ogni caso, è tornato a incidere l’uso di terzino ed esterno che, per natura, si scambiano comodamente la posizione, accentrandosi o sovrapponendosi. Ma comunque garantendo almeno due soluzioni, ad altezze di campo diverse. In effetti, gli scaligeri hanno manifestato un’evidente difficoltà nel disinnescare le scelte di Mario Rui e Di Lorenzo.
Il Capitano ha rispolverato l’idea di venire dentro, occupando uno spazio ibrido, da mezzala aggiunta, sfruttando la proverbiale abilità di associarsi coi compagni: una delle cose che ha funzionato meglio in questa fase della stagione. Il portoghese, invece, rispetto a Olivera, che è un giocatore esclusivamente da binario, accentrandosi offre maggiori opportunità al giropalla, consentendo di fare densità nella propria trequarti. In questo modo, l’onere della risalita dal basso non pesava solo sulle spalle dei centrocampisti.
Uno scenario che rimarca un concetto semplice. Sembra che il Napoli sia più pericoloso quando mantiene il controllo del pallone.
Raspadori chiave tattica
Intuitiva la decisione di schierare Raspadori e non Simeone, in luogo dell’infortunato Osimhen, che costringe Garcia ad accantonare parzialmente i suoi principi. L’assenza del nigeriano sconsiglia ovviamente di percorrere la strada di appoggiarsi sulla punta.
Infatti Jack, nella classica posizione di centravanti, e non dirottato sulla fascia o da sottopunta, determina alternative al lancio diretto verso l’attaccante. Il Napoli perde un pizzico di pericolosità residua, guadagnando però in termini di efficacia complessiva in costruzione. Perché l’ex Sassuolo, messo tatticamente a suo agio, rende equilibrato il palleggio.
Adesso il passo successivo per diventare una squadra dall’indole decisamente imprevedibile nella metà campo avversaria è accompagnare il possesso, portando molti uomini a sostegno della manovra. Piuttosto che abbandonare là davanti il vertice offensivo, con il primo compagno disponibile per uno scarico o un aiuto a non meno di trenta metri.
Del resto, Frosinone, Sassuolo, Genoa – per non parlare di Lazio, Real Madrid e Fiorentina – hanno già stornato con facilità a loro favore l’atteggiamento passivo, nonché i reparti lunghi e invariabilmente scollegati. Partite in cui la squadra partenopea faticava a creare occasioni pulite.
Insomma, oggi l’allenatore francese ed i suoi uomini si sono giocati tanto della loro credibilità, tornando a tratti a esprimere quel calcio intenso e qualitativo con cui gli azzurri prendevano l’inerzia delle gare l’anno passato. La capacità di dominare il gioco e non subirlo, associata alla varietà nello sviluppare situazioni nient’affatto banali, talvolta esteticamente pure gradevoli a vedersi.
Indefinitiva, la manovra evidenziata al Bentegodi scorreva fluida, segno che Garcia può offrire ottime soluzioni codificate, in grado di superare il “commissariamento” attuale. Ma per uscire definitivamente dall’emergenza servirà dare continuità a gioco e risultati.
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