Nonostante Giacomo Raspadori continui a fare il suo dovere, come un diligente soldatino, è innegabile che stia vivendo una stagione piena di alti e bassi. Obbedisce agli ordini di scuderia, alla stregua del classico “secondo”, obbligato dalle circostanze a fare da guardaspalle e poco altro al pilota di punta. Del resto, per numeri e talento, Osimhen è stato designato a furor di popolo “prima guida” offensiva del Napoli.
Ovviamente, le difficoltà causate dalla concorrenza con il nigeriano c’entrano, ma solo fino a un certo punto. Forse non è il giocatore di cui la squadra aveva bisogno. Oppure viene male assecondato. Quest’anno i dubbi sorti all’ombra del Vesuvio nell’inquadrarlo tatticamente (spesso dirottato a un ruolo esterno…), gli stanno negando la possibilità di esprimersi al massimo delle sue potenzialità. Che sono comunque un inno al talento. Perché spendibile oltre la mera finalizzazione: non è raro che si abbassi per cucire la manovra, partecipando attivamente alla costruzione, invece di concluderla personalmente.
Una completezza, quindi, che potrebbe catapultarlo nel gotha dei migliori attaccanti della sua generazione. Previsione concretizzata soltanto in parte. Cerchiamo di analizzare i motivi che sono alla base di questa situazione.
Esaltarne le caratteristiche
Il più elementare è che fa le cose migliori proprio quando gioca da centravanti. Davvero nulla meno complicato di così. Una caratteristica talmente evidente da convincere lo stesso Luciano Spalletti a puntare su Jack là davanti, per costruire la sua Nazionale in vista degli Europei in Germania. Un messaggio significativo quello indirizzato dal commissario tecnico dell’Italia, convinto che Raspadori abbia le carte in regola per essere decisivo nella prossima rassegna continentale.
In definitiva, il problema rimane sempre legato alla porzione di campo che gli viene chiesta di occupare nel Napoli. Relegandolo lateralmente, lo si obbliga a movimenti codificati, funzionali a incastrarsi con le esigenze del collettivo. Dunque, partire largo, e poi tagliare il campo in diagonale. Condizione imprescindibile per far progredire la catena di destra. In particolare, le sovrapposizioni di capitan Di Lorenzo o gli inserimenti alle spalle della mediana altrui di Anguissa.
Allora, al contrario di quanto abbiano fatto finora gli allenatori che hanno gestito la stagione post scudetto, probabilmente la chiave giusta e il sistema ideale per esaltare Raspadori è utilizzarlo da seconda punta, o sottopunta che dir si voglia. Così da sfruttarne il gioco associativo e la verticalità.
Svalutato in ottica mercato
Insomma, sussiste una sgradevole sensazione: il suo talento da predestinato sta progressivamente sfiorendo, svalutandone il valore in ottica mercato. Anche lui ci ha messo del suo, non ripagando appieno le aspettative altissime riposte dalla società partenopea. Tuttavia, è indubbio che meriterebbe almeno un’altra occasione per rendere al meglio. Magari in un contesto tattico che lo aiuti a valorizzarsi.
Mentre adesso s’è attestato su un livello minore rispetto a quando fu acquistato dal Sassuolo, che nel 2022 l’ha ceduto agli azzurri, prima in prestito oneroso per 5 milioni di euro. Con obbligo di riscatto fissato a 25, trasformando dopo un anno l’operazione a titolo definitivo per circa 30 milioni complessivi.
Chissà se una cifra del genere possa essere reperibile attualmente da presunti estimatori, nel caso in cui la proprietà decidesse veramente di disfarsene in estate.
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