Dopo la separazione da Luciano Spalletti, il Napoli ha deciso di intraprendere una nuova era, nel segno di Rudi Garcia. Al di là della precedente esperienza in Serie A sulla panchina della Roma, il prescelto da Aurelio De Laurentiis ha una storia ricchissima, piena di strane coincidenze e assurdi incroci.

Probabilmente, il suo ingaggio fa storcere la bocca ai “soliti noti” perché l’allenatore francese era uscito un po’ dai radar del grande calcio, accettando la faraonica offerta dell’Al-Nassr. Un contesto lavorativo decisamente borderline. Ma i soldi che oggi possono garantire nella Lega saudita sono irrinunciabili per chiunque. Anche a scapito della crescita professionale.   

Davide vs Golia

I più attenti ricorderanno Garcia sulla panchina del Lione, assoluto protagonista della Champions League 2019/2020, che raggiunse da intruso una storica qualificazione alla semifinale della competizione, battendo in modo chiaro due tra le favorite. Les Gones eliminarono sorprendentemente, agli ottavi la Juventus e nei quarti il Manchester City. A fermare il loro percorso verso la finale, il Bayern Monaco: squadra all’apparenza inarrestabile, forse la più forte in Europa in quel momento, che poi issò la Coppa dalle Grandi Orecchie con un percorso netto, vincendo tutte le partite.   

Ci sono un mucchio di storie da raccontare, connesse a quella stagione a tratti memorabile.

Per ribaltare ogni pronostico la strategia migliore sembrava averla azzeccata Garcia, bravo a capitalizzare il massimo, modificando il suo sistema di gioco. Passando cioè dal 4-3-3 al 3-5-2, con l’evidente intenzione di fare densità, tagliare la trasmissione dalla difesa alla trequarti, oppure tentare l’intercetto sulla risalta, funzionale a stimolare con un solo passaggio in verticale sugli attaccanti.

Non era solamente una precisa idea difensiva. Il Lione cercava volutamente di indirizzare in una certa maniera la fase di possesso altrui, invitando a esplorare determinate zone di campo, cosicché potesse recuperare subito la palla e cercare velocemente la profondità dietro la linea difensiva su Depay o Toko-Ekambi.

Insomma, prima che i bavaresi ristabilissero la normalità, le letture di Garcia hanno fatto veramente la differenza. Vediamo come…

Le letture di Garcia

Rileggendo il cammino di quell’annata eccezionale in Champions, è facile trovare un filo rosso che colleghi l’eliminazione di Juventus e Manchester City.

Un’unica ragione capace di spiegare l’impresa compiuta dalla squadra di Garcia, voglioso di mettere in discussione i suoi principi sul piano del gioco, arrivando addirittura a snaturarsi, pur di imbrigliare tatticamente Allegri e Guardiola.   

Le intuizioni del neo-tecnico del Napoli consentirono una interpretazione camaleontica in quei big match. Partendo dal presupposto di un (presunto…) dislivello con le più quotate avversarie, il Lione scelse consapevolmente di aspettare, assumendo un modesto atteggiamento in termini di pressing.

Un approccio “conservativo”, inasprito dalle fragilità palesate dalla Vecchia Signora, soprattutto in fase di costruzione della manovra.

A difesa schierata, infatti, la scarsa aggressività sui portatori avversari imposta dal “Conte Max” ai suoi uomini concesse ai francesi di avere lunghe fasi di palleggio pressoché incontrastato, tali da farli respirare, nonché salire con la palla. Le poche volte che i bianconeri tentavano di alzare l’intensità della pressione, la retroguardia di Garcia non ha avuto scrupoli nel saltare il centrocampo, lanciando lungo.

Pep imbrigliato

E’ presumibile che proprio questa clamorosa eliminazione suggerì a Guardiola di mettersi a specchio, nei quarti, adottando un 3-5-2 speculare, contro il Lione. Una decisione che spostò l’equilibrio della bilancia dalla parte dei francesi.

Col senno di poi, un errore gravissimo facilitare gli accoppiamenti. Le marcature fisse resero complicatissimo al City di sviluppare il classico tiki-taka posizionale. Determinando la contrapposizione in mediata: MarçalDe Bruyne, CaqueretGundogan, che sporcò la qualità del possesso inglese.

Fino all’arrivo di Garcia, Caqueret era in organico ancora con la seconda squadra del Lione. Bisogna quindi riconoscere all’allenatore di aver imposto questo 20enne all’attenzione generale. Ed il ragazzino ne ha ripagato ampiamente la fiducia, estromettendo dalla centralità del gioco la principale fonte di produzione di Pep. Ogni occasione in cui Gundogan provava a farsi vedere in zona luce, veniva letteralmente braccato. Un’asfissiante aggressività, che lo spingeva a liberarsi subito dell’attrezzo, passandola all’indietro. A disinnescare le rotazioni in mediana, pure il lavoro oscuro di un ennesimo giovane talento, il 22enne Bruno Guimaraes. In grado di correre a perdifiato ed al contempo governare i ritmi, rimbalzando da un lato all’altro del campo per accorciare le distanze e spendersi nelle marcature preventive così da recuperare una quantità di palloni.  

Ovviamente, tutte queste considerazioni non devono affatto sminuire l’indole di Garcia nel proporre un calcio spiccatamente propositivo. La rifinitura con cui i francesi disordinano l’assetto difensivo del Manchester, in occasione del gol di Cornet, rappresenta una soluzione tipica del nuovo allenatore del Napoli: rinvio dal fondo scaricato sul corto, e movimenti coordinati di squadra, che spezzano il gegenpressing di Guardiola.   

A conti fatti, non era scontato che lo scontro simbolico tra due Golia del panorama calcistico europeo finisse con esaltare il piccolo Davide. Ma se in quell’annata straordinario il Lione ci è riuscito, andando poi vicinissimo a compiere l’impresa, è innegabile doverne riconoscere i meriti al suo “manico” in panchina.

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