Nonostante il Napoli sia lontano solo 2 punti dalla zona Champions, quindi poco distante da dove tifosi e addetti ai lavori pronosticavano fosse a inizio stagione, l’ambiente partenopeo è scosso da strane vibrazioni negative.

All’ombra del Vesuvio sta maturando ormai da qualche settimana una strisciante corrente di pensiero. Quella che, considerando deludenti le aspettative, spingono trasversalmente per cambiare l’allenatore. 

Ne mettono in discussione l’efficacia del sistema di gioco. Poco incline, a detta loro, ad esaltare le caratteristiche della rosa a disposizione di Gattuso.

Le scelte di Gattuso, necessità piuttosto che integralismo

Così, Ringhio viene disegnato come un eretico. Ancorato ad un integralismo tattico assai criticabile.

Dal canto suo, il tecnico non fa nulla per addolcire la situazione.

Con un’educazione non sempre impeccabile davanti ai microfoni, dimostra una certa insofferenza dialettica. Lo stile certamente non è da baronetto. Ma da qui a metterlo sulla graticola per manifesta incompetenza ce ne passa.

Per onestà intellettuale, infatti, sarebbe opportuno evidenziare quanto gli infortuni abbiano costretto Gattuso a modificare leggermente l’identità della squadra.

Non abbandonando, in ogni caso, il princìpio che finora ne ha ispirato tutta la gestione. Ovvero, costruire dal basso con insistenza maniacale. Tanto che il Napoli sembra spaesata e senza idee quando cerca di produrre un calcio diverso.

La contemporanea assenza di Mertens e Osimhen ha promosso in pianta stabile tra i titolari Petagna.

Pur avendo un centravanti posizionale dalla fisicità non trascurabile come il Bisontino, però, il piano gara originario non è mai variato.

E dunque i partenopei continuano a sviluppare una elefantiaca mole di gioco, non appoggiandosi con costanza sull’ex Spal.

L’imprecisione sotto porta, un limite strutturale del Napoli attuale

Nondimeno, associare ad un baricentro basso la presenza di un attaccante forte fisicamente avrebbe dovuto favorire una manovra maggiormente diretta e verticale.

Sperando che saltando il centrocampo e cercando velocemente la punta, possano poi nascere delle opportunità. Magari sulle seconde palle generate dai duelli tra il centravanti ed i difensori centrali.

Questi considerazioni spostano necessariamente l’attenzione sul rendimento dell’intero comparto offensivo. Che potrebbe davvero spiegare i motivi per cui il Napoli in attacco raccolga molto meno di quanto produca.

Del resto, l’imprecisione negli ultimi sedici metri è innegabile. Ed allo stato attuale delle cose, congenita e non passeggera. Poiché strettamente connessa alla struttura della prima linea.

A Petagna, bravissimo nel coprire il pallone con il copro e destreggiarsi spalle alla porta, viene richiesto un impegno fisico talmente oneroso e sfiancante, che finisce per perdere lucidità nella finalizzazione dell’azione.

Identificato il male, urge una cura

Per le peculiarità di Petagna, nonché a causa della forzata indisponibilità di un giocatore sontuoso a muoversi tra le linee come Mertens, l’attacco del Napoli determina meno che ad inizio di stagione.

A diminuire l’enfasi delle punte nel gioco degli azzurri ovviamente ha contribuito la perdurante assenza di Osimhen. Formidabile nel guidare le transizioni lunghe con l’intensità dei suoi scatti, funzionale ad aggredire gli spazi profondi dietro la linea difensiva avversaria.

Ad aiutare dunque la squadra a risolvere i problemi di concretezza davanti al portiere, forse Gattuso dovrebbe accettare un momentaneo compromesso.

Adattando il suo calcio idealmente propositivo, ad un gioco solo un pochino più “speculativo”…

Segui anche PerSempreCalcio