Basta riavvolgere idealmente gli highlights dell’amichevole contro la Spal per rendersi conto che Rudi Garcia stia immaginando un futuro diverso per Giacomo Raspadori. Magari utilizzandolo da attaccante esterno, per aggiungere alternative alla fase offensiva del Napoli. Una soluzione potenzialmente intrigante, che ha una certa logica se parametrata al tentativo di coinvolgerlo maggiormente nella costruzione della manovra.  

Già questo esperimento, presumibilmente ancora in embrione, è sufficiente a giustificare l’attesa che si sta creando nei tifosi partenopei.

Ovviamente, non sarà un processo semplice. A livello tattico, infatti, estromettere dalla formazione titolare Politano (o Lozano), che si muovono a tutta fascia, dunque preziosi anche nei ripiegamenti difensivi, potrebbe togliere un po’ di equilibrio alla squadra sotto la linea della palla.

Nondimeno, i cambiamenti che intende apportare il nuovo allenatore degli azzurri mirano a orientare i flussi di gioco verso la verticalità. Esaltando un calcio diretto, con l’evidente intenzione di arrivare all’area avversaria il più celermente possibile. Un concetto, quindi, che si sta riflettendo nel lavoro quotidiano del tecnico francese. Cui spetta adesso il compito di tagliare i ponti con il passato, trovando il modo di associare le qualità dei suoi uomini, affinchè tirino fuori il meglio del loro talento.   

Responsabilità da Top Player

L’opportunità offerta all’ex Sassuolo di cambiare pelle sembra racchiudere il contesto migliore per consentirgli di esprimere appieno le sue potenzialità, manifestate solo parzialmente nella scorsa stagione, consacrandosi definitivamente all’ombra del Vesuvio.

 A Jack finora è mancata la continuità. In certe partite risultava veramente immarcabile, specialmente nel girone di Champions League. In altre, invece, appariva avulso dalla centralità del gioco, come se volesse prendersi delle pause. Evitando così di assumersi le responsabilità che comporta lo status di (aspirante…) Top Player. Manco fosse l’ultimo dei sottovalutati, piuttosto che una promessa mancata.    

Ergo, la sfida che intende lanciargli Garcia è proprio quella di riscattare i dubbi palesati da qualcuno circa la sua capacità di impattare sulle sorti del Napoli.

Per farlo, Raspadori dovrà adattarsi subito alla nuova posizione, permettendo ai Campioni d’Italia di non essere troppo sbilanciati quando attaccano.

Insomma, l’obiettivo non è mettere un offensive player rapido e creativo nello stretto – tipo Kvaratskhelia – pure a destra. Il georgiano, generalmente, preferisce ricevere con i piedi sulla linea laterale. Esasperare l’isolamento in fascia e poi scatenarsi in dribbling e accelerazioni. Croce e delizia di pubblico e analisti il suo incaponirsi nella ricerca ossessiva dell’uno contro uno. Talvolta, però, deleterio al cospetto di raddoppi e marcature preventive, che finivano per disinnescarne la pericolosità.

Poliedricità offensiva

Allora, le caratteristiche di Raspadori potrebbero causare un intelligente arricchimento nel possesso partenopeo. Perché è diverso, nell’interpretazione del ruolo, dai compagni di squadra.

Non a caso, Spalletti l’ha schierato da “primo violino”, in una posizione speculare a quella del centravanti. Oppure in veste di bocca da fuoco secondaria: nella zona di competenza del trequartista o sottopunta, che dir si voglia.  

In questo scenario, la sua poliedricità rappresenta una importante novità per il Napoli. Sa trattare con pulizia il pallone: ha piedi assai educati, cui abbina buona visione da assistman. Grazie a tali abilità, può dialogare con i compagni o mettersi in proprio, andando in campo aperto.

Inoltre, la propensione a farsi trovare tra le linee, accorciare incontro al portatore per ripulire la manovra, e immediatamente dopo buttarsi dentro, inserendosi alle spalle della linea difensiva, può moltiplicare efficacemente gli spazi. Evitando che il giropalla si ingolfi in uno sterile fraseggio perimetrale, che finisce con l’impoverire il possesso.

In definitiva, nel Napoli che sta allestendo Garcia, Raspadori sarà chiamato innanzitutto a essere un pregiato jolly. Le sue doti, che parta dal primo minuto o subentri dalla panchina, possono aggiungere qualcosa di diverso all’atteggiamento offensivo della squadra. D’altronde, ormai le rose dei Top Club si strutturano pensando ai cinque cambi, nonché al concetto delle tre gare a settimana. E avere un organico omogeneo potrebbe rivelarsi la carta vincente per scombinare i piani della concorrenza.

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