Victor Osimhen sta vivendo indubbiamente un brutto momento. L’attaccante del Napoli, infatti, ha dovuto rinunciare alla convocazione con la sua nazionale causa infortunio. Un problema muscolare che dovrebbe costringerlo ai box per qualche settimana, facendogli saltare i match contro Sudafrica e Benin validi per le qualificazioni al prossimo Mondiale. Un finale di stagione amaro per il nigeriano, passato come tutta la squadra partenopea, nell’arco di qualche mese, dal vincere dominando lo scudetto al clamoroso fallimento, certificato dall’esclusione addirittura dalla Conference League.
Scontato dunque etichettare in maniera decisamente deludente l’annata appena destinata agli almanacchi. Indubbio che qualcosa non abbia funzionato, se il giudizio sugli azzurri è totalmente negativo. Lecito interrogarsi sui motivi che hanno stravolto lo status di un gruppo apparentemente fortissimo. Passato in un battito di ciglia da Campioni d’Italia a modesti mestieranti della pedata. Il contrario di ciò che un Top Club dovrebbe essere. Specialmente in un arco temporale troppo breve per non porsi la più sgradevole delle domande: com’è potuto succedere questo scempio?
Limitato da Garcia
Complesso fornire una risposta precisa sul perché il Napoli sia riuscito a compiere l’impossibile. Ovvero, gettare all’aria una posizione privilegiata piuttosto che consolidarsi nel gotha dell’italico pallone. E perciò sembra non avere un domani radioso, almeno a breve termine. Una chiave di lettura, non l’unica chiaramente, potrebbe essere proprio il rendimento di Osimhen. Il senso di ineluttabilità che trasmetteva con Spalletti si traduce in numeri impressionanti: 31 gol complessivi (26 in campionato e 5 in Champions). Letteralmente svaniti con il terzetto di “scienziati” che si sono inutilmente alternati sulla panchina dopo la dipartita dell’Uomo di Certaldo.
Ingeneroso inchiodare il centravanti azzurro a responsabilità che gli competono solo in parte. Il confronto statistico tra la scorsa stagione e quella appena terminata racconta una verità parziale. Al netto di un rispettabile bottino personale di 17 reti (15 in Serie A e 2 nella “Coppa dalle Grandi Orecchie”), il nigeriano è stato travolto dalle profonde modifiche apportate al suo gioco. Che comunque non l’hanno privato della capacità di buttarla dentro. Peccato che la struttura tattica pensata inizialmente da Garcia non gli garantiva un adeguato numero di palloni veramente giocabili.
Schierando un baricentro conservativo, rinunciando a qualsiasi forma di pressing aggressivo, le idee del francese hanno diminuito radicalmente qualità e intensità del calcio espresso dal Napoli. Uno scenario in cui Victor s’è dovuto calare, sgobbando molto senza palla, per colmare le distanze siderali che si creavano tra il blocco-squadra, compattato verso il basso, e gli ultimi sedici metri. Morale della favola, il numero nove ha corso di più e finalizzato meno.
Osimhen risorsa di mercato
Osimhen ha sempre svolto un instancabile lavoro senza palla per allungare le difese, aggredendo ferocemente la profondità. Di questo inesauribile mood approfittavano le mezzali, leste ad occupare lo spazio alle spalle della mediana altrui. Tralasciando in quest’analisi Mazzarri, che non ha praticamente mai avuto Victor a disposizione, tra infortuni e Coppa d’Africa, con Garcia e Calzona si è ridotta al lumicino l’arma dell’inserimento puntuale tra le linee dei centrocampisti azzurri. Modulando quindi un approccio alle gare in termini di sottrazione invece che addizionando tanti uomini nella trequarti offensiva.
Forse per questa sua caratteristica, saper comparire in area al posto giusto nel momento più opportuno, Victor viene percepito e valutato come un attaccante di assoluto livello, simbolo dell’offensive player moderno, che non riduce l’interpretazione del ruolo esclusivamente alla conclusione della manovra. Ergo, un’appetibile soluzione di mercato per squadre ambiziose, a caccia di risorse in grado di andare in doppia cifra e segnare gol mai banali. Del resto, in giro c’è penuria di centravanti davvero fortissimi. E tutti assai costosi.
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