La terrificante sconfitta – sul piano delle conseguenze immediate prodotte in classifica – del Napoli contro la Lazio ha moltissime cause. Ovvio che, per dirla brutalmente, non può essere imputata alla stanchezza, fisica o mentale. Del resto, i titolarissimi hanno (inopinatamente riposato) nel turno infrasettimanale dedicato alla Coppa Italia. E allora bisogna iniziare a ragionare su altre dinamiche che potrebbero aver condizionato la deludente prestazione degli azzurri. Banalmente, l’approccio assunto dalla squadra di Marco Baroni suggerisce qualche interessante spunto da approfondire. In particolare, riguardo alla filosofia di riconquista della squadra biancoceleste, che tante difficoltà ha procurato agli uomini di Antonio Conte.
Un’idea semplice ed al contempo efficacissima, dunque, contrapporre al 4-3-3 dei padroni di casa un 4-4-2 assai fluido e dinamico, funzionale innanzitutto a generare superiorità numerica in mediana. Con Isaksen e Zaccagni che si abbassavano sulla linea dei centrocampisti, mentre Guendouzi e Dele-Bashiru si contrapponevano a McTominay e Anguissa. In questo scenario tattico l’ago della bilancia diventava Dia, schierato tra le linee, alle spalle di Castellanos. Proprio il franco-senegalese assumeva un ruolo fondamentale poiché chiudeva tutti gli appoggi disponibili a Lobotka, creando così le giuste condizioni per inibirne il palleggio. La classica situazione di palla coperta, che obbligava lo slovacco alla giocata a muro verso Rrahmani o Buongiorno. Piuttosto che uscire dalla propria trequarti attraverso passaggi progressivi in direzione di un compagno meglio posizionato.
Napoli bloccato in catena
Inoltre, la Lazio ha inaridito le tradizionali soluzioni in catena del Napoli, approfittando della pochezza dimostrata da profili solitamente al limite dell’infallibilità tecnica. D’altronde, le fasce laterali sono determinanti per Conte, che usa Di Lorenzo e Olivera, incaricandoli inizialmente di garantire uno scarico sicuro, ricevendo da Meret o dai centrali. Lo sviluppo della fase di possesso, quindi, si basa sulla fluidità posizionale tra terzini ed esterni offensivi. A seconda di dove staziona la palla, gli azzurri sono continuamente alla ricerca delle connessioni di ciascuna coppia. In effetti, si è parlato tanto della loro simbiosi associativa in costruzione: una sorta di ossessione per sfruttare i movimenti interni, sul breve. Oppure esplorando l’ampiezza.
A completare l’opera, la pressione esercitata da Marušić e Tavares. Questo atteggiamento si inserisce in una strategia che vede i due terzini biancocelesti utilizzati come veri e invasori nella metà campo altrui. Sfruttando appieno le loro caratteristiche, Baroni voleva che si allontanassero dalla posizione originaria, “rompendo” su Kvaratskhelia e Politano. Insomma, accorciando ferocemente in avanti, i laziali “fissavano” in una posizione bassa e conservativa il georgiano e l’ex Sassuolo e Inter, estromettendoli praticamente dalla centralità della manovra, quando tentavano di agire da raccordo. Cioè, nel (vano) tentativo di cucire il gioco, vanamente chiamati a collaborare nella circolazione perimetrale.
Coinvolgere di più Lukaku
Quanto detto finora non significa che adesso il Napoli debba abiurare il lavoro condotto da Conte. I principi del suo calcio posizionale restano una piacevole novità all’ombra del Vesuvio. Forse l’Uomo del Salento potrebbe essere meno dogmatico nello stimolare Lukaku. Finora coinvolto esclusivamente in qualità di pivot, spalle alla porta. Un limite invece che una virtù, a causa di una certa mancanza di dinamismo palesata ultimamente dal belga. Nient’affatto brillante, Big Rom, se nessuno lo manda in profondità, a caccia di (medie o addirittura lunghe) verticalizzazioni. Una maggiore flessibilità nel privilegiarne la fisicità, tenendolo più alto – almeno una trentina di metri rispetto alla posizione attuale -, favorirebbe la profondità. Oltre ad allungare in avanti l’intero baricentro della squadra partenopea.
La finalizzazione avviene sì attraverso il possesso insistito. Ma solo avvicinando gli esterni d’attacco al centravanti, gli azzurri potranno ricominciare a trarre benefici dalla qualità tecnica in rifinitura di Kvara e Politano. A quel punto, nulla vieta di immaginare che Lukaku torni a vestire i panni del cecchino in area avversaria.
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