In casa Napoli tiene banco la futura assenza di Victor Osimhen. La chiave di volta della rinascita azzurra, infatti, passa inevitabilmente per la gestione del centravanti nigeriano, in procinto di trascorrere almeno un mese in Costa d’Avorio, causa Coppa d’Africa.
Paradossalmente, non ci sono grosse scelte strategiche da fare. Nel senso che Mazzarri può esplorare un paio di scenari del reparto d’attacco, offrendo maggiori responsabilità a Raspadori o Simeone. Senza tuttavia rinunciare al sistema di gioco, ovvero il classico 4-3-3, marchio di fabbrica della squadra partenopea. D’altronde, entrambi i profili andrebbero a sostituire Osimhen soltanto a livello numerico. Non certamente con le medesime caratteristiche.
Diverso il loro modo di interpretare il ruolo. Assai efficace il lavoro di raccordo che Jack garantisce al giropalla, funzionale a riciclare il possesso, favorendone sostanzialmente la progressione. El Cholito, invece, aggiunge capacità di mangiarsi il campo, leggendo lo spazio oltre la linea difensiva, nonché vincere i duelli aerei.
Insomma, ruotandoli a seconda dell’avversario di turno, l’allenatore toscano potrebbe comodamente amministrare sia situazioni in cui la controparte difende con il baricentro basso, che momenti di blocco alto e pressione in avanti, tipici di squadre con medesimo tasso qualitativo o addirittura superiore al Napoli.
Bello e prepotente il gol di Osimhen
Anche se il gol rifilato al Cagliari è un messaggio chiarissimo che Osimhen ha voluto trasmettere al campionato. Con Mazzarri, i Campioni d’Italia sembrano aver riscoperto il contesto tattico ideale per riuscire a coinvolgerlo appieno nella manovra offensiva, ricavandone un evidente balzo in avanti in termini di prestazioni.
Al contempo, il modo in cui vengono recepiti dai compagni gli spostamenti del numero nove in maglia azzurra consentono all’intera squadra di entrare in una sorta di comunicazione simbiotica. Solo così si spiega la bellezza dell’1-0, con il Napoli che va a giocare proprio sulle sue peculiarità, sapendo perfettamente come sviluppare l’azione per colpire la difesa dei sardi.
Il peso specifico nella circolazione di Mario Rui, adoperato come supporto e sostegno agli isolamenti esterni di Kvaratskhelia. Lo stesso georgiano che fornisce un saggio della sua visione di gioco: si stacca dalla fascia per venire nel “mezzo spazio” e favorire l’appoggio di Juan Jesus. A quel punto, orienta il corpo per rientrare verso il centro e connettersi con il terzino portoghese, che nel frattempo ha attaccato la profondità.
In tutto questo, come si comporta Osimhen? Semplice, corre in avanti, aggredisce la linea, utilizzando come unico riferimento i centrali di Ranieri e li “fissa” andando a rimorchio del pallone. Enciclopedico il movimento all’interno dell’area non appena Mario Rui alza la testa e cross. Un “terzo tempo” in sospensione difficilmente gestibile per Dossena e Goldaniga, sovrastati dal nigeriano, che gli mangia letteralmente in testa.
Tanto la geometria espressa dal collettivo, quanto l’istinto primordiale a cacciare negli ultimi sedici metri di Victor, a far funzionare tutta la scena.
Cosa attendersi dal futuro
Impossibile pronosticare cosa accadrà al Napoli senza Osimhen al centro dell’attacco. In realtà, Raspadori e Simeone possono benissimo alternarsi, facilitando il piano gara che Mazzarri preparerà in funzione dell’avversario di turno, oppure del momento specifico del match.
Una squadra reattiva, che usa il possesso per scombussolare la compattezza difensiva, appoggiandosi sulle abilità associative e nel cucire il gioco dell’ex Sassuolo. Piuttosto che un approccio proattivo, con baricentro medio, reparti stretti e corti, e l’argentino là davanti, pronto a contendersi i rimbalzi e fare a sportellate, mentre le mezzali accorciano sulle seconde palle.
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