Quando il Napoli ha iniziato a riflettere su come superare l’impasse in cui s’era cacciato con Osimhen sembrava che l’unica soluzione plausibile fosse rimandare l’eventuale cessione del nigeriano alla sessione “di riparazione” del calciomercato. Di fronte all’impossibilità di monetizzare una cifra quanto più vicina possibile alla clausola rescissoria fissata a 130 milioni di euro, il club partenopeo s’era visto costretto a escluderlo dalla lista degli abili e arruolati in Serie A. Mettendo de facto fuori squadra il centravanti con la maschera. A togliere le castagne dal fuoco ci ha pensato il prestito secco al Galatasaray.

Una situazione quindi fino a ieri sgradevole. Che ha fatto finire Osimhen dalla parte sbagliata della storia. Del resto, per i tifosi napoletani, il troppo amore per la maglia azzurra talvolta sfocia in reazioni assai emotive. Una isteria collettiva in cui adesso è rimasto intrappolato Victor, che invece di essere ricordato come uno dei pilastri dello scudetto, corre seriamente il rischio di finire ben presto nel dimenticatoio. Relegato nella Siberia dei ricordi.

E così in molti si sono scatenati con le illazioni, certi che il fallimento della scorsa stagione debba essere largamente imputato alle bizze di Osimhen, evidentemente lontanissimo dall’essere un leader. Con un ruolo dunque marginale all’interno dello spogliatoio. Dove alla lunga, probabilmente, gli è venuta a mancare pure la stima di chi ne condivideva le segrete stanze di Castelvolturno. Le cose notoriamente non sono mai come sembrano. Di sicuro, il suo atteggiamento, e quello del procuratore, Roberto Calenda, non hanno contribuito a disinnescare la miccia alimentata dalle malelingue. Questo significa che le voci orientate a far passare Victor poco avvezzo al sacrificio, restio all’abnegazione nei riguardi del gruppo, potrebbe essere un mero pettegolezzo.

Evidenti limiti emotivi

Anche se nessuno può dimenticare i gesti di insofferenza rivolti a Garcia, oppure verso chi avesse dimostrato una certa imprecisione nel servirlo nello spazio mentre lui attaccava la profondità. Insomma, una prossemica e una gestualità apparentemente sgraziata, funzionale più a irretire i compagni invece di motivarli. Forse per questo l’anno passato hanno sempre avuto la sensazione che gli istinti del nigeriano prevalessero sugli interessi superiori del collettivo.

Il problema è che i capricci di Osimhen nella stagione post scudetto si andavano a inserire in un contesto in cui non funzionava praticamente niente. Con allenatori sopravvalutati, improponibili o semplicemente inadatti alla situazione che stavano attraversando i Campioni d’Italia. Sostanzialmente incapaci di mettere i giocatori nelle condizioni ideali per sapere cosa fare e quando. A parziale giustificazione, una società che li ha costretti a cavarsela da soli, senza fornir loro alcun supporto o sostegno. Nondimeno, in questo scenario da tragicommedia, Victor ha riproposto tutti i suoi limiti, specialmente di natura caratteriale, invece di nasconderli. Una inquietante mancanza di personalità, di cui il Napoli aveva disperato bisogno, se si pensa che teoricamente avrebbe dovuto esserne il trascinatore.

Un affare per tutti

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In definitiva, il passaggio al Galatasaray, tanto auspicato, è cosa buona e giusta. Perché determina un tornaconto per ciascuno dei protagonisti di questa tribolata vicenda di mercato: il club del Bosforo si accollerà l’ingaggio mostruoso da 11 milioni netti all’anno. Oltre ad arricchire notevolmente la rosa, indebolita dall’infortunio di Icardi. Non si lamenta neanche il Napoli, che prolunga il contratto a Victor fino al 2027, rivedendo al ribasso la cifra per liberarlo eventualmente: da 130 a circa 80 milioni potrebbe apparire una sconfitta per De Laurentiis. Al contrario, il presidente è consapevole che il valore del cartellino ha subito una notevole contrazione. Colpa, ovviamente, del crollo delle prestazioni dell’attaccante. Che dal canto suo, ha preteso dai turchi di potersene “scappare” dalla Süper Lig già il prossimo gennaio, qualora giungesse sulla scrivania di Calenda una proposta da una “Big” del calcio europeo.

Tutto è bene quel che finisce bene. A patto, tuttavia, che non si scambi questa operazione per la panacea utile a curare le scorie di un divorzio comunque doloroso. Che ha fatto perdere di colpo l’affetto dei napoletani per il bomber dello scudetto.

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