Con la vittoria contro il Cagliari del “ritrovato” Mazzarri, il Napoli ha conquistato la sesta vittoria di seguito dall’inizio del campionato. In tutta la sua gloriosa (ma poco scudettata) storia era accaduto soltanto una volta, nella stagione 2017-2018 quando le vittorie consecutive furono ben otto (e dieci nelle prime undici giornate).
In quell’occasione gli Azzurri si laurearono campioni d’inverno (con 48 punti), ma a fine corsa a spuntarla fu la Juventus (e i suoi simpatizzanti). Fin qui il Napoli ha legittimato il suo percorso netto con prestazioni convincenti (anche quando ha sofferto).
In queste prime sei giornate di campionato la banda di Spalletti è apparsa compatta, ben organizzata e a lunghi tratti effervescente (come la personalità del mister). Siamo appena all’inizio di un percorso che nasconde molte insidie e trappole occulte (e non solo in campo). L’esperienza consiglia buon senso e analisi ragionata.
Magari partendo dai numeri.
La solitudine dei numeri primi
Il Napoli capolista può vantare il secondo migliore attacco della serie A, 16 gol all’attivo (realizzati con dieci calciatori diversi), segue solo l’Inter che di reti ne ha segnate ben 20! I partenopei però registrano la migliore difesa del campionato, soltanto 2 gol al passivo, e la migliore differenza reti, + 14.
Ad un primo sguardo il rendimento della compagine Azzurra sembrerebbe ideale (perché ben bilanciato), difficilmente migliorabile, ma a spulciare bene i freddi numeri qualche considerazione aggiuntiva è possibile avanzarla.
Dopo le prime sei giornate il Napoli è primo nella classifica del possesso palla (59%) e dei tiri tentati (non è una novità, da Benitez in poi primeggiano in questa classifica parziale). Cento conclusioni tonde, tonde. Seguono Roma (96), Inter (94), Milan (90), più attardate Juventus (88), Atalanta (82) e Lazio (77).
Il Napoli è anche la squadra che ha tirato maggiormente in porta, 42 volte. Precede l’Inter (41), la Lazio (36), la Roma (34), la Juventus (32). Milan e Atalanta, rispettivamente, solo 24 e 23 conclusioni nello specchio.
In pratica, siamo migliorati rispetto alle scorse stagioni ma continuiamo ad essere una squadra che produce molto gioco (e occasioni) ma che spreca tanto. Guardando, infatti, la classifica della percentuale di realizzazione offensiva, siamo la quinta delle sette (presunte) sorelle: Milan 50%, Inter 49%, Lazio 42%, Roma 41%, Napoli 38%, Atalanta 35%, Juventus 31%.
In compenso, concediamo pochissimo nella fase difensiva (11%), soltanto 50 tiri di cui 18 in porta e due marcature al passivo. Sono già quattro le partite terminate a rete inviolata (di cui tre consecutive). Non accadeva dalla stagione 2018-2019, esattamente dalla 21-esima alla 25-esima giornata.
A dispetto di certe considerazioni, Spalletti sta seguendo (a suo modo) il lavoro dei suoi predecessori: il Napoli preferisce avere il pallino del gioco, produce molto e concede poche occasioni (e raramente ricorre al fallo, soltanto 63). Mentalità (da confermare) a parte, per ora le grandi novità sono una più attenta gestione dei “momenti della partita“, ed una migliore copertura degli spazi.
Gli Azzurri corrono poco (penultimi in questa classifica, solo 103 km di media), ma corrono bene, soprattutto muovono la palla efficacemente. Anche se le trame del gioco sono più verticali rispetto al passato, il Napoli in media effettua 549 passaggi a partita. La scorsa stagione furono 472, in quelle precedenti 529 e 538.
Se gli Azzurri vorranno continuare a occupare le posizioni di vertice, dovranno mantenere questa solidità difensiva, ma contestualmente aumentare la percentuale di realizzazione offensiva. Per farlo serviranno concentrazione, sana cattiveria sportiva e brillantezza atletica (vedi la voce gestione della rosa).
La favola delle sette (presunte) sorelle
Da anni sono costretto a sorbirmi la favola delle sette (presunte) sorelle. Ma perché proprio sette e non otto, o sei?
Lasciando da parte gli interrogativi retorici, è giusto ricordare che negli ultimi 30 campionati (in pratica da quando il calcio è divenuto “industriale”), in Italia hanno vinto soltanto cinque squadre: la Juventus 14 volte, Milan 7, l’Inter 6, Roma e Lazio una volta. E nelle ultime 20 stagioni, le fantomatiche sorelle si riducono soltanto a tre squadre, ovviamente quelle appartenenti all’asse Milano-Torino.
I numeri non sono tutto nella vita come nello sport, ma in questo caso non andrebbero ignorati. Anche perché come già segnalato nell’articolo del 30 gennaio, la forbice tra le prime squadre in classifica e le restanti ogni anno diventa sempre più ampia.
Nella stagione 2019-2020 le prime dieci squadre in classifica hanno totalizzato, complessivamente, 668 punti, le ultime dieci solo 387. Nella stagione successiva (2020-2021), i punti delle prime dieci sono stati 692, quelli delle ultime dieci sono scesi a 352. E questo a dispetto dei “soliti” proclami.
D’altronde, ormai gli scudetti si vincono a 90 punti e ci si salva con 35. Proseguendo, dopo le prime sei giornate di campionato, le prime dieci squadre in classifica nella stagione 2019-20 avevano totalizzato 116 punti, le ultime dieci 56. Nella stagione 2020-2021 le prime dieci squadre 119 punti, le restanti 49. Nella stagione in corso, le prime dieci hanno totalizzato 119 punti, le altre 48.
Chiaramente, è presto per sapere se anche quest’anno la forbice si manterrà così aperta (o le distanze si ridurranno), prudenzialmente ritengo che per entrare nella famigerata Zona Champions il Napoli si possa concernere – al massimo – due pareggi e una sconfitta con le “restanti 13”. Tutto il resto è propaganda, o favole prive di fantasia.
Tifosi, una passione raffreddata
Con un Napoli vincente e primo il classifica, il celebre tifo azzurro per ora sembra preferire il salotto di casa piuttosto che i nuovi seggiolini del San Paolo. Soltanto 59.800 spettatori paganti. Siamo quinti dietro Inter, Milan, Roma e Lazio.
Non hanno aiutato la solita politica dei prezzi e una rigidità teutonica sul versante sedute. Certo, in altre piazze si ignorano assembramenti ed esultanze baldanzose (e non sono fioccate multe salatissime), ma si vince tutti insieme: dentro il campo e sugli spalti.
Triello (per lo scudetto)
Nelle scene finali de Il buono, il brutto, il cattivo, il capitolo conclusivo della trilogia del dollaro del grande Sergio Leone, il Biondo (Clint Eastwood), il Tuco/il Brutto (Eli Wallach) e Sentenza/il Cattivo (Lee Van Cleef) si fronteggiano nel cimitero di Sad Hill. In “palio” un bottino di duecentomila dollari nascosti in una tomba.
La magistrale regia di Sergio Leone, unita all’immortale colonna sonora di Ennio Morricone, ha reso il triello finale una delle sequenze più celebri ed acclamate delle storia del cinema.
– SPOILER – Come è noto il Biondo prevale nello scontro tra i tre pistoleri (nottetempo, ha astutamente scaricato la pistola di Tuco). Romanticamente è bello sognare (specie i tifosi), ma è saggio restare con i piedi per terra: nella lotta al vertice, c’è il rischio che il Napoli faccia la fine del Brutto. Perché, al di là dei freddi numeri, il calcio è esercizio del potere. È bene non dimenticarlo.