Una partita lunghissima NapoliSampdoria. Probabilmente il fatto che immediatamente dopo la conquista aritmetica dello Scudetto, ormai un mesetto fa, Luciano Spalletti abbia poi maturato l’idea di andare via, ha reso l’ultima giornata il crocevia di un intero campionato. Rendendola indimenticabile, nonostante il punteggio non contasse assolutamente nulla.

Neanche il tempo di capire la storicità dell’impresa realizzata dagli azzurri, che al popolo partenopeo è toccata praticamente in sorte la scelta dell’allenatore toscano. 

D’altronde, nel suo percorso professionale, Lucianone non è sceso a compromessi con nessuno, combattendo battaglie verbali con i giornalisti che l’accusavano di non saper gestire la questione Totti, oppure dirimere le ingerenze prodotte su Icardi dalla spinosa vita extracampo. Chissà, dunque, se la forte personalità che ne caratterizza da sempre i rapporti avrebbe potuto continuare a sposarsi con la grammatica nient’affatto essenziale di Aurelio De Laurentiis.   

Magari veramente la pec ricevuta dal presidente, che ufficializzava il rinnovo unilaterale del contratto, è stata interpretata come un mero atto dovuto, piuttosto che la palese volontà di proseguire congiuntamente l’esperienza all’ombra del Vesuvio.      

Insostenibile commozione

Ergo, la gara con i blucerchiati diventa una sorta di sceneggiatura scritta per determinare la centralità dell’Uomo di Certaldo nella stagione della sua squadra. Del resto, appare innegabile l’influenza sull’intero percorso che ha portato il Napoli a celebrare nel cerchio di centrocampo il trofeo destinato ai Campioni d’Italia. Difficile, al contempo, non sostenere quanto totalizzanti siano stati i princìpi propositivi inculcati alla squadra per condurla così lontano anche in Champions League.   

Insomma, in questo biennio non c’è stata azione nella quale non fosse possibile vedere in calce il lavoro, mentale e tattico, di Spalletti.

Quindi, al fischio finale, mentre cominciavano i preparativi per i festeggiamenti, il tecnico non si è fermato un attimo: parlava, come se potesse esserci ancora un domani in comune. Una figura capace di polarizzare le attenzioni di tutti, riempiendo di significati emotivi ogni singolo gesto.

Per un momento, la malinconia ha preso il sopravvento anche sul gruppo: i suoi ragazzi, consapevoli che non ci fosse più niente da fare per convincerlo a tornare sui suoi passi, s’è stretto intorno a lui. Un messaggio inequivocabile, affinché chiunque lo vedesse con disarmante chiarezza. L’unico modo per innalzare la propria stima al di là della contingenza legata ad un risultato comunque memorabile.

Fai buon viaggio Luciano

Al netto di una tristezza infinita, ha senso che l’avventura di Spalletti finisca in questa maniera epica: una sorta di abbraccio privato, tenuto però in pubblica assise. Una fotografia a tratti straziante, con la gente a chiedersi chissà cosa avrà detto il Mister per il commiato dai suoi giocatori.

Qualcosa che trascende gli aspetti meramente calcistici, per sfociare nell’epica del racconto leggendario: situazione perfetta per la città di Napoli, bella come poche. Nonché teatrale alla stregua di nessun’altra. In cui i miti, spesso e volentieri, si stratificano ai fatti quotidiani, distorcendone talvolta pure la realtà.   

Lecito adesso chiedersi, con le lacrime che solcano le guance di tanti, davvero troppi dei protagonisti di questa domenica surreale, se poteva finire diversamente. Spalletti ci lascia con questo enigma ingombrante.

Ed una certezza: dovunque andrà, i tifosi del Napoli ed i giocatori in maglia azzurra si porteranno dentro un pò dei suoi insegnamenti. Non lo dimenticheranno mai, perché ogni istante trascorso assieme resterà indimenticabile…

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