A poche ore dal big-match di San Siro sembra che le sensazioni positive in casa Napoli stiano ristagnando. La sconfitta casalinga contro l’Atalanta ha fatto segnare momentaneamente il punto più basso dell’entusiasmo dalle parti di Castelvolturno. Vero che siamo solo a novembre, e generalmente la corsa scudetto riserva il rush finale in primavera. Eppure il confronto con l’Inter potrebbe contribuire a stabilizzare il progetto partenopeo; oppure renderlo maggiormente instabile. Trascurando, però, un piccolo particolare.
Probabilmente solo Antonio Conte poteva tirare fuori il Napoli dall’inferno di un post scudetto gestito in maniera veramente indegna per una squadra col tricolore cucito sulla maglietta. I risultati erano stati così fallimentari, da lasciar immaginare che a risollevare le sorti degli azzurri occorresse necessariamente la personalità debordante, nonché l’indiscussa leadership, dell’Uomo del Salento.
Napoli, suggestivo primato
Chi sperava che il matrimonio funzionasse è stato subito accontentato. Impagabile agli occhi dei tifosi la suggestione di vedere il Napoli nuovamente in testa al campionato a pochi mesi dallo scempio dello scorso anno. Anche se l’allenatore ha sempre perseguito una strategia precisa. Gettare acqua su fuoco, onde evitare che gli entusiasmi eccessivi sfociassero in una situazione esplosiva, qualora qualche ombra fosse calata sul progetto di ricostruzione. A maggiore ragione adesso che bisogna gestire l’ambiente partenopeo, reduce dalla maldigerita scopola contro gli orobici, quindi doverosamente deluso.
Una delle incognite principali dell’avventura all’ombra del Vesuvio era rappresentata dall’abito tattico che Conte avrebbe cucito addosso ai suoi. Per quanto le sue “creature” fossero chiaramente riconoscibili in virtù di principi molto chiari, il tecnico non è affatto un testardo, tantomeno un intransigente dogmatico. In assoluto, coprirsi con l’aggiunta di Politano ed il conseguente passaggio alla difesa a 5 conserva l’esigenza di sacrificarsi nei momenti di difficoltà. Insomma, scegliere consapevolmente di prendere meno rischi, con un sistema molto attento nella chiusura degli spazi, piuttosto che aggressivo nella fase di recupero della palla.
Non è un exploit isolato
Alla fine, il gioco degli azzurri è più fluido di quello che si pensava in estate, ma al contempo assai solido. A certificarlo, i numeri, considerando che prima delle tre frecce subite dalla Dea bergamasca, il Napoli vantava la miglior difesa della Serie A. De facto, occorre una valutazione complessiva e non parziale del rendimento avuto finora dalla capolista, contestualizzandolo tatticamente. In realtà, Conte vuole proteggersi, arretrare il baricentro, pur avendo in organico centrocampisti e offensive players di assoluto valore. Inserendo poi nell’equazione un centravanti versatile tipo Lukaku, per tenere palla e sfruttarlo in post basso, spalle alla porta. Il suo conservatorismo non solo ha riportato immediatamente la squadra nel novero delle migliori in A, ma addirittura la conducendo a lottare in pianta stabile per il titolo.
Conquistare la vetta della classifica attraverso un calcio magari poco spettacolare, nondimeno concreto e redditizio, non deve tuttavia apparire il classico exploit isolato. Invece proprio l’avversario di stasera, l’Inter che insegue staccata di un misero punticino e anela al sorpasso, è la conferma di come il successo non arrivi mai per caso. Anzi, va comunque programmato per tempo. Ecco perché, al netto della classifica e dell’importanza di uno scontro diretto, a pesare non deve essere qui e adesso. Bensì l’idea di rimanere saldamente ancorati alle proprie ambizioni.
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