A prescindere dall’esito della partita di questa sera, dalla prossima stagione Rino Gennaro Gattuso, in arte Ringhio (Star), non sarà più l’allenatore del Napoli. Il suo contratto scade il 30 giugno e, salvo svolte impreviste, non gli sarà rinnovato. La notizia non è di quelle da prima pagina, in serie A gli allenatori difficilmente restano sulla stessa panchina per molte stagioni, ma il rapporto tra l’ex Campione del mondo e il Napoli sembra non essere mai nato (e non solo calcisticamente parlando). Non sarà un divorzio (e nemmeno un esonero), ma una separazione che mostra alcuni punti oscuri.

Partenza in salita

Gattuso ha iniziato la sua avventura con gli Azzurri in occasione della sedicesima giornata del girone di andata. In quel momento il Napoli era settimo con 21 punti. Guidava la classifica l’Inter con 39, e la zona Champions distava 8 punti. L’inizio fu traumatico: quattro sconfitte in cinque giornate (di cui tre in casa!). Poi una lenta ricostruzione, 9 vittorie su 11 partite, nel mezzo l’interruzione forzata del campionato e la vittoria della Coppa Italia (la sesta della storia del Napoli, terza dell’era De Laurentis). Poi un nuovo appannamento che ha portato gli Azzurri a perdere la quinta posizione in favore di Roma e Milan. Risultato finale: settimo posto con 62 punti (peggiore prestazione degli ultimi dieci campionati) a 16 punti di distacco dalla zona Champions. Ma dispetto di numeri non entusiasmanti, la società ha deciso di confermare Gattuso e il suo staff anche per la stagione successiva (e per la gioia di chi lo aveva criticato per tutto il girone di ritorno).

Persona non grata

Sia chiaro, questo non vuole essere un peana in difesa di mister Gattuso, ma una riflessione generale sulla sua esperienza in relazione all’ambiente Napoli. Perché, in tutta sincerità, i conti non mi tornano. La martellante litania che per mesi ha ripetuto che Gattuso abbia goduto di una stampa (favorevole) totalmente schierata dalla sua parte (nessun allenatore del Napoli è stato appoggiato in questo modo), mi ha ricordato le lamentele di una nota comica che sul tappeto rosso di Cannes accusava i “suoi nemici” di aver bloccato il suo film (che dopo la prestigiosa anteprima francese era serenamente in programmazione nel circuito delle sale italiane). Riesumato un vecchio pallottoliere, conto molte più bocciature che promozioni, e non tutte riferite al campo. L’Idilio è iniziato fin da subito. Dopo poche settimane Gattuso fu accusato di aver criticato la gestione di Carlo Ancelotti, responsabile delle sue sconfitte. La risposta dell’ex Milanista fu sincera e schietta. Senza giri di parole, Gattuso riconobbe i meriti umani e calcistici del suo mentore, si prese le sue responsabilità per le brutte sconfitte, ed infine spiegò perché la squadra aveva bisogno di tempo per riprendere il cammino. Due i passaggi fondamentali (forse dimenticati): il richiamo a fare il bene del Napoli (il noi al posto dell’io), e a imbastire un rapporto più onesto (non voglio mancarvi di rispetto e rispondervi con si, no, forse. Anche io ho i miei amici). 

Lotte intestine e processi sommari

L’impressione è che il matrimonio tra Gattuso e il Napoli (e Napoli) sia nato precario (e minato dall’interno) fin dal primo giorno. A qualcuno ha dato fastidio la sua assunzione? Non lo riteneva (e ritiene) degno della panchina del Napoli? Si è risentito per le sue parole, ed ha reagito muovendo sottotraccia le sue pedine? Di sicuro, il veleno è circolato abbondantemente, ma non in campo. Il problema è che cambiano gli interpreti ma non la trama. È una storia già vista. Benitez, all’inizio della sua seconda stagione sulla panchina Azzurra, aveva sottolineato come le faziose lotte intestine sottraggono energie preziose. In tre occasioni invitò l’ambiente a lottare spalla spalla. Sappiamo come è finita. Non è andata meglio, tutt’altro, con Carlo Ancelotti, un signore del calcio. A scanso di equivoci, qui non si mette in discussione il sacrosanto diritto di cronaca, o di critica relativo alle scelte tecniche (noi per primi di PerSempreNapoli non abbiamo usato i guanti bianchi nell’analisi delle partite del Napoli). Non facciamo i santarelli omettendo passaggi, cancellando date, ignorando elementi, mischiando le carte come maldestri prestigiatori. Perché, nel corso di questi anni, si sono tirati in ballo elementi personali (anche familiari) che non avevano niente a che vedere con il calcio? Perché questa costanza a ripetersi? Una società più strutturata avrebbe potuto disinnescare (o limitare) certi attriti? Tutti in società hanno remato dalla stessa parte? 

Mogli, figlie, figli, sorelle, mozzarelle, malattie. C’è chi ha addirittura imbastito un lungo e stucchevole processo sommario (tra l’altro senza giuria, senza difesa e in contumacia). Ma i processi si istituiscono per affrontare reati o illeciti (e si basano su prove e non opinioni spacciate come tali). Gattuso è un allenatore giovane (in Italia colpa gravissima), inesperto (nessuno nasce imparato), ha commesso degli errori (gli analizzerò in seguito), ma ad oggi non risultano illeciti o reati riferibili alla sua persona durante la gestione partenopea. Al contrario, anche quest’anno non ci siamo fatti mancare nulla: caso Suarez, Bonucci, rimborsi arbitrali. Eppure…

Mi domando, contano più gli errori di una persona, in questo caso un allenatore di calcio, o la sua capacità di migliorarsi, di imparare?

Il lungo addio

Tutta questa vicenda mi ha ricordato la trama de I tre giorni del Condor, thriller di Sydney Pollack del 1975. Il protagonista della storia è un analista della CIA, Joseph Turner (interpretato da un affascinante Robert Redford). Turner, nome in codice Condor, sopravvive ad un attentato compiuto negli uffici della sua sezione a New York. Alla fine scoprirà che il massacro era stato ordinato da una sezione segreta della CIA all’interno della stessa agenzia. La resa dei conti tra Condor e il vice direttore Higgins si svolge nelle strade di New York, sotto la sede del New York Times. Mentre gli altri fanno esperimenti, Condor cerca verità e giustizia, ma soprattutto ripone fiducia nella stampa. In tutta questa vicenda il quarto potere ha giocato un ruolo da protagonista. Non è detto che sia stato un protagonista positivo.