Il Napoli in testa alla classifica non è solamente frutto del caso. Nondimeno, pervade un certo scetticismo nella critica oltranzista. Riecheggia nei salotti buoni dell’italico pallone la solita domanda: “sono all’altezza dello scudetto?”. Un interrogativo che ovviamente non coincide con l’andamento lineare della squadra partenopea dopo il traumatico esordio di Verona. Forse l’approccio un pò radical chic dei media si rifiuta di accettare la realtà. L’ottimo rendimento tenuto finora da una squadra formata per otto/undicesimi dagli stessi titolari della fallimentare stagione passata, dimostra che i giocatori sono davvero migliorati grazie al certosino lavoro di Antonio Conte. Figura ingombrante solo per chi è incapace di rapportarsi con lui ed i suoi metodi di lavoro.
In effetti, l’allenatore ha cambiato totalmente la prospettiva del progetto calcistico all’ombra del Vesuvio, che sta avendo uno sviluppo completamente diverso rispetto alle ambizioni di partenza, focalizzate esclusivamente al ritorno nella élite del calcio europeo. Cioè, in Champions League: l’unica Coppa che conti davvero qualcosa, per prestigio, valore e ritorno economico. Al di là dell’attuale posizione in classifica, dunque, il merito più grande del tecnico salentino è proprio quello di aver rivitalizzato uno spogliatoio apparentemente alla canna del gas. Superfluo ricordare cos’era il Napoli al termine della gestione dei tre “fenomeni”, che si erano alternati sulla panchina dei Campioni d’Italia. Depotenziati (pare…) da correnti interne in perenne contrasto tra loro; nonché dai risultati maturati in campo, veramente mediocri.
Insomma, la crescita esponenziale nel rendimento degli azzurri è legata ad un contesto tattico e motivazionale importante, che dalle parti di Castelvolturno non si vedeva da tempo. Una storia di riscatto, favorita anche dalla possibilità di implementare precisi principi di gioco su una rosa che già si conosceva dai tempi di Spalletti. Ma l’Uomo del Salento ha saputo comunque creare il contesto ideale per riuscire a sfruttare le caratteristiche dei suoi ragazzi. Una chimica perfetta, funzionale a interpretare un calcio più attento. Dove un baricentro tenuto sempre a media altezza magari produce lunghe fasi di sofferenza, tipo il primo tempo con Como o Empoli. In ogni caso, è capace di adattarsi alle situazioni, cambiando modulo e atteggiamento. Così da trasformarsi poi in una squadra assai vogliosa di imporsi al cospetto di qualsiasi avversario.
A livello mentale, la gara di sabato contro il Lecce assume quindi un gran valore per capire se il primo posto non abbia procurato pericolose vertigini da altitudine a qualcuno in maglia azzurra. Confermarsi sarebbe un segnale concreto, l’ennesimo che la capolista invierebbe alla concorrenza nella corsa al vertice: qui nessuno intende sbilanciarsi. E se altrove hanno un’idea preconcetta, fatti loro. Perciò a Napoli non si sbanda: con la dovuta prudenza, resta forte la voglia di mantenere la barra a dritta!
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