E se la trasferta di Udine fosse il momento della svolta? A poche ore dal calcio d’inizio, forte la sensazione che il Napoli voglia vedere la luce in fondo al tunnel in cui si è infilato dopo aver perso la testa della classifica. La doppia sconfitta contro la Lazio – una delle più belle sorprese di questa stagione – sembra quindi già acqua passata. Il campionato è ancora lungo. Tuttavia bisogna mandare un messaggio preciso alla concorrenza. Dimostrare maturità, collettiva e individuale.
Al netto della prematura eliminazione dalla Coppa Italia, aggravata pure dal sorpasso operato dall’Atalanta, c’è un particolare che può attenuare la strisciante delusione maturata in questi giorni all’ombra del Vesuvio. Il Napoli è una squadra assai equilibrata, con una grande organizzazione, specialmente sotto la linea della palla. Gli azzurri fanno le cose migliori quando riescono a veicolare i principi trasmessi al gruppo da Antonio Conte. Che propone un calcio duttile, in grado di adattarsi all’avversario di turno, nonché alle caratteristiche delle risorse in organico. L’Uomo del Salento è la rappresentazione di come i suoi pieghino l’inerzia delle gare a loro favore riuscendo a mantenere gli avversari lontani dalla propria area. Un atteggiamento che ha sembianze diverse e non si può ridurre semplicemente all’idea di compattarsi su un solido blocco difensivo. Sarà anche un gioco non abbastanza intenso quello espresso dai partenopei. Dunque poco gradevole. Segno di una prudenza eccessiva. Che testimonia però quanto la squadra sia a suo agio nel fare giocate non troppo complicate.
Napoli privo di equilibri
Il Napoli solamente a tratti aumenta il volume e il ritmo del palleggio, specie quando sviluppa in verticale sulla catena di destra. Ma non perde mai la sua densità. Un piano gara incentrato sulla pura resistenza, con i reparti stretti e corti per un controllo totale degli spazi tra le linee. Insomma, Conte non ama correre troppi rischi. Le volte che l’ha fatto, per esempio, la scorsa settimana con la Lazio, paga un prezzo altissimo. In effetti, il gol dei biancocelesti arriva come conseguenza di una sanguinosa palla persa da Neres all’altezza dell’area di rigore laziale. Il tecnico non aveva mai messo in campo il brasiliano sul lato destro, timoroso che potesse sì sommarsi alla pericolosità di Kvaratskhelia. Preoccupato al contempo di perdere distanze ed equilibri difensivi. Quando ha sentito la necessità di provare qualcosa di maggiormente offensivo s’è preso un contropiede dritto nei denti.
Da un po’ di tempo in città qualcuno (che spesso non va nemmeno allo stadio a vedere il Napoli dal vivo) comincia a chiedere a gran voce se piuttosto di rassegnarsi all’approccio sparagnino non sia ora di cambiare registro. Dimenticando invece che dalla gestione tattica l’allenatore salentino ha tratto finora il massimo: proprio con lui in panchina gli azzurri sono riusciti a scrollarsi di dosso l’aura di club in odore di ridimensionamento, frutto di un post scudetto scellerato e autolesionista. Così oggi vengono presi seriamente in considerazione per la vittoria del tricolore. Una richiesta per certi versi paradossale, allora, immaginare che Conte abbandoni la sua natura, capace di fotografare alla perfezione la dimensione molto competitiva raggiunta in ottica alta classifica.
“Tutto è migliorabile…”
Pretendere che dia una nuova veste al suo progetto, rinunciando alla inflessibile filosofia di una squadra marziale, abile come poche a difendersi estremamente bassa, pur avendo un’alta concentrazione di qualità potenziale nelle metà campo altrui, almeno per adesso, rimane impensabile.
“Sono contento per come stiamo lavorando. Per l’energia che si è creata con i ragazzi e i tifosi in questi cinque mesi. Poi tutto è migliorabile… La mentalità deve continuare a crescere. Anche le cadute devono aiutarci ancora di più a rinforzare questa mentalità. Domani vedremo se faremo un passo avanti, indietro o se siamo rimasti uguali”, ha detto ieri Conte durante la consueta conferenza stampa della vigilia. Parole che potevano uscire talmente chiare soltanto dalla sua bocca.
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