Qualche giorno fa nell’opening night dell’NBA si sono affrontate i Los Angeles Lakers di Lebron James e i Golden State Warriors di Steph Curry. Esordio di lusso e stelle. Sugli spalti dello Staples Center, nella sua abituale collocazione a ridosso della panchina, sedeva Jack Nicholson, tornato a tifare la sua squadra del cuore dopo quasi due anni di assenza (a causa della ormai nota pandemia). I Lakers hanno omaggiato il grande Jack ringraziandolo sulla pagina del loro profilo ufficiale. La foto ha fatto il giro del mondo. D’altronde, parliamo di un’autentica leggenda della settima arte.
Ieri è stato annunciata la prima edizione della Maradona Cup: si svolgerà il 14 dicembre al Msool Park di Riyad, capitale dell’Arabia Saudita. A contendersi il trofeo dedicato alla memoria di Diego Armando Maradona si fronteggeranno il Boca Junior e il Barcellona. La notizia è rimbalzata su i media di tutto il mondo (e non poteva essere altrimenti).
Del Napoli (e da Napoli) nessuna traccia. Non conosco le ragioni e i dettagli di questa iniziativa sportiva (approfondiremo), per ora appare come l’ennesima occasione sprecata. E iniziano ad essere un po’ troppe. Quest’ultima, però, è particolarmente dolorosa (e simbolica).
Omaggio mancato (o rimandato?)
Si chiaro, nessun atto di accusa, non è la mia filosofia di vita, ma solo il tentativo di capire perché certe dinamiche si ripetono con stucchevole ripetitività. Sono frutto di un’opportuna strategia? Di disorganizzazione? Di mancanza di budget adeguati? Di disinteresse? Di simpatia selettiva? Aiutateci a capire, ma cortesemente non nascondiamoci dietro i consueti alibi, consistenti come carta velina.
Perché tra i tanti esempi presi nel mucchio, basterebbe citare la questione statua: in Argentina ne svetta una – bellissima – davanti allo Estadio Unico Madre de Ciudades, a Napoli possiamo vantare, oltre alle immancabili interviste autoreferenziali, un’indagine della procura. O se preferite il museo? Non ultimo, la mancanza della maglietta del Napoli sul feretro di Maradona, già di diritto una delle immagini simbolo di questo nuovo millennio.
Il 22 giugno, tra le idee – economicamente sostenibili – suggerite alla Società Sportiva Calcio Napoli, avanzavo la proposta di un San Paolo salotto di star. Quale occasione migliore per iniziare questo “nuovo corso” con la partita in ricordo di Diego Armando Maradona, uno degli sportivi più carismatici e rappresentativi della storia (lascio a chi volete voi la palma di calciatore più forte, per Diego ormai riduttiva).
Tra familiari, ex compagni di squadra, avversari, addetti ai lavori e artisti (non solo italiani), non basterebbero i posti della tribuna autorità. Che vetrina, che festa! Invece… la disputeranno in Arabia Saudita.
Attendiamo risposte, serie e oneste.
Operazione qualità
La Società Sportiva Calcio Napoli non è la squadra più vincente in Italia (e in Europa). Probabilmente non lo diventerà mai. Sicuramente non a breve. Nessun dramma. Personalmente, non pretendo trofei a grappoli. Si è tifosi degli Azzurri per amore e vocazione, e non perché vincere è l’unica cosa che conta. Ma nell’attesa di alzare qualche trofeo (anche le coppette per quanto mi riguarda) il Napoli può dar vita ad un’operazione qualità, quanto mai appropriata nel panorama attuale (non solo sportivo).
Il Napoli diventi leader di stile ed eleganza, e in questo campo non ci sono alibi (Orsati e top player di turno): la società e la città ne hanno le potenzialità. Dalle magliette alle conferenze stampa, si curino i dettagli e si stabiliscano standard di qualità elevatissimi e internazionali. L’immagine della società ne trarrebbe beneficio (e anche il fatturato).
Ad esempio, perché non pensare all’annuale calendario del Napoli come al Calendario Pirelli dello sport? Un prodotto che superi la connotazione stagionale e divenga oggetto di culto, d’arte, da collezione. Un momento atteso e presentato con gli onori del caso, strizzando l’occhio al glamour e la mondanità, e non relegato in una delle tante conferenze stampa (perché, di fatto, indistinguibile da quello delle altre squadre).
Sogni e visioni
La notizia (ferita) della Maradona Cup (senza il Napoli) è ancora fresca. Non conosciamo le (eventuali) iniziative previste dalla società e dal Comune. Qualunque esse siano, questo episodio diventi uno spartiacque, e non l’ennesimo argomento da talk show. Mi permetto di proporle al presidente Aurelio De Laurentis, da molti definito un visionario, di dare vita a nuova fase storica del Napoli.
Per cominciare, inviti Paolo Sorrentino. Chi meglio di un regista visionario e internazionale come Sorrentino può raccontare, attraverso il suo sguardo, il rapporto speciale che lega Napoli alla sua squadra. Tra l’altro, il suo nuovo lungometraggio, È stata la mano di Dio, è diventato il film italiano proposto agli prossimi premi Oscar nella categoria miglior film internazionale (i cinque candidati ufficiali verranno annunciati l’otto febbraio 2022).
Il tutto a meno di ventiquattr’ore dell’annuncio della Maradona cup.
Il momento della verità
Mi sembra di ricordare che, fino a qualche tempo fa, durante la celebrazione del matrimonio, prima della pronuncia finale, venisse chiesto ai presenti di parlare o tacere per sempre.
È il momento della verità (l’anno e i segnali sono inequivocabili). Se proprio non si vuole “agire” almeno si taccia per sempre. Iniziando da quell’orribile urlo sul rinvio del portiere avversario. Non onora la tradizione del San Paolo, ma soprattutto la memoria di Maradona.