NapoliSalernitana, oggi il derby è quella classica partita in cui entrambe le squadre devono pensare di non perdere, perché in questa plumbea fase della stagione suonerebbe davvero come una sorta di condanna priva di appello. Al contempo, guardando una classifica che fa male agli occhi, diventa impossibile nascondere una realtà incontrovertibile: i Campioni d’Italia hanno perso la loro tranquillità mentale, consapevoli che non basta più sbagliare il meno possibile per portare a casa il risultato. Bisogna ponen huevos, e prendersi dei rischi. Vediamo com’è andata…

Gollini: 6

Incarna la quintessenza del “dodicesimo” moderno: un portiere assai affidabile, in grado di farsi trovare sempre pronto all’occorrenza. La conclusione da fuori di Candreva ne scalfisce la giornata, ma poteva farci davvero poco su quella parabola assassina, carica di effetto. Poi ci mette personalità in ogni intervento: i cross lo rinvigoriscono. Uno lo scippa praticamente dai piedi di Simy, appostato a pochi metri dalla linea. È sfrontato nel reclamare il pallone, contribuendo fattivamente alla costruzione dal basso.

Di Lorenzo: 6,5

Parte ovviamente in fascia, ma partecipa attivamente alla manovra, proponendosi a centrocampo in fase di costruzione, con l’idea di venire a giocare in mezzo al campo, lavorando come una mezzala aggiunta, proprio per offrire a Lobotka o Cajuste una traccia pulita. Evidente la strategia di sottrarre la risalita dal basso alla densità ordinata da Inzaghi, creando superiorità numerica. Più che un terzino che attacca, sembra un’ala che difende.

Rrahmani: 7

Se gioca costantemente concentrato è un marcatore incredibile. Simy lo stimola, obbligandolo a restare dentro il match, soprattutto nell’assorbire i lanci lunghi. Ed il kosovaro ci ha messo un certo impegno per disfarne le trame. Sfrutta un atteggiamento nient’affatto passivo per evitare di starsene piantato a terra sui cambi di direzione, riuscendo ad anticiparlo sistematicamente. In generale, meglio quando deve marcare direttamente l’uomo, rispetto alle situazioni in cui deve coprire la posizione. Sigla la rete del definitivo vantaggio, andando a caccia della vagante nell’area granata con feroce determinazione. Una di quelle giocate che ricorderemo, quando ripenseremo a questo stranissimo campionato con gradissimo orgoglio.

Juan Jesus: 6

Conscio che le falle in retroguardia non mancano, tenta di non farsi imporre le giocate, nel duello individuale con Tchaouna, uno dotato di gamba e dinamismo. E che svaria tanto, tirandolo fuori dalla linea. Con la solita attenzione, il brasiliano controlla lo spazio davanti a sé. Gli prende le misure mettendogli il corpo addosso. Si appoggia, oppure usa i gomiti, onde evitare che possa rubargli il tempo, sfilando dalle sue grinfie e aprendosi la strada verso Gollini. Considerando i dubbi legittimi sul livello di Natan, che piaccia o meno, resta il miglior difensore centrale in organico.

Mario Rui: 6

Anche lui si alza da “falso terzino”. Percepisce immediatamente la possibilità di aggredire lo spazio creato dall’allargamento di Kvara e cerca di riscuotere vantaggi offensivi grazie alla maggiore libertà nel movimento di cui gode, sovrapponendosi al georgiano. Le volte, invece, che il 77 minaccia direttamente la difesa granata, puntandola in conduzione, il portoghese viene internamente, collaborando con Lobotka nel consolidare il possesso e ribaltare il campo. Copre su Sambia, soffrendo in alcuni casi gli spostamenti alle sue spalle di Tchaouna. Nondimeno, interpreta la gara con un’attitudine sanguigna, un po’ guappo e un po’ sentimentale. 

Cajuste: 5,5

Decisamente discontinuo, però all’interno di un contesto in cui è molto difficile non avere forti alti e bassi. Tuttavia, non dà soltanto fisicità, pure una buona dose di qualità palla al piede. Tatticamente legge lo spazio che ha davanti, capendo quando partire, inserendosi alle spalle di Candreva. In un ruolo delicato per gli equilibri di squadra, dovrebbe sviluppare parte del suo potenziale pensando a non distrarsi e non correre rischi in fase di non possesso. Quindi, fermarsi a presidiare la zona di competenza. Perché capisce in notevole ritardo che tecnicamente Candreva è un centrocampista di un’altra categoria. Alla lunga, lo svedese è persino cresciuto nel rendimento, facendo brillare a tratti l’indubbio talento. E sfiorando il gol in un paio di circostanze.   

(dal 76’ Demme: 6)

Rispolverato dalla naftalina, entra con la giusta cattiveria, che non gli impedisce di mantenersi lucido e reattivo. Indimenticabile come attacca la palla di testa, lui che è alto quanto un nano da giardino, mettendola in the box, per l’ultimo, salvifico attacco del Napoli, concretizzato da Rahamani.

Lobotka: 6,5

Occupa la porzione di campo in cui non è consentito sbagliare alcunché. In una squadra che pare aver smarrito un mucchio di certezze, rimane uno dei pochi a mantenere la calma. Effettivamente, mentre intorno la baraonda regna sovrana, il pivote azzurro non si spazientisce. Anzi, mette ordine, come un faro che illumina la notte tempestosa. Non è tanto la quantità di passaggi andati a bersaglio a essere ragguardevole. Bensì la loro utilità nel progredire con la palla. Il fatto di essere scarichi sul breve, in totale sicurezza, certifica l’intelligenza nelle letture dello slovacco, che riesce a connettersi con l’ambiente circostante, pur tra interventi scomposti e compagni nervosi, che spesso sbagliano l’ovvio. Un regista d’élite; uno di quelli che definiscono la concretezza del calcio espresso da una squadra. 

Gaetano: 5,5

Ha resistito alla tentazione di cercare gloria altrove, forse per una questione di devozione: quell’identitario attaccamento alla maglia, tipico di chi arriva in Prima Squadra dopo aver scalato tutte le categorie del settore giovanile. L’interregno alla Cremonese gli aveva fatto prendere valore, un po’ sbiadito con lo scarso minutaggio nell’anno dello scudetto, trasformandolo nel giocatore che è finito per diventare. Perché è innegabile che quando strappa, mette in crisi Martegani, che ne segue gli spostamenti. Evidentemente gli pesa un pochino il carico di responsabilità di dovere surrogare Zielinski. Pur se svogliato e con la testa altrove, l’eredità del polacco è ancora troppo pesante per le spalle del ragazzo di Cimitile.

(dal 55’ Raspadori: 6)

E’ riuscito a entrare subito in partita, senza nessuna pigrizia. Capace come pochi a mettersi nella posizione dietro al centravanti, allontanandosi dalla porta quel poco per rimanere comunque pericoloso sulla trequarti offensiva. Senza però calpestare i piedi a Kvara, ormai stabilmente dentro al campo. 

Politano: 6,5

Essenziale nel Napoli attuale, al netto della trasformazione del penalty. In ogni caso, ci vogliono attributi di acciaio, per andare sul dischetto in quel preciso momento della partita. Spinge in basso la linea grazie alla sua proverbiale capacità di rallentare e poi ripartire nello stretto, mantenendo comunque il contatto qualitativo col pallone. Caratteristica che gli serve per creare disordine attraverso doppi passi, veroniche e passaggi no look con l’interno collo, che stimolano il movimento a mezzaluna di Simeone. Insomma, Matteo è un maleducato dai piedi educatissimi, al contempo ricco di giudizio pedatorio. Instancabile, affonda sulla fascia, accarezzando il pallone in maniera quasi inurbana. Incontenibile, punta Bradaric, accelera e lo salta, lasciandolo letteralmente sul posto.

(dal 64’ Zerbin: 6)

Applica le peculiarità dell’esterno in chiave conbservativa; il tempismo, e l’inclinazione alla giocata mai rischiosa.

Simeone: 6,5

Mazzarri ha dimostrato lungimiranza, nonché una massiccia dose di coraggio, nel decidere di superare il periodo di sterilità in attacco, aggiungendo (finalmente…) un centravanti che aumentasse peso e sostanza negli ultimi sedici metri. Deve essersi fatto bene i conti, valutando i vantaggi di una scelta che non rendesse maggiormente scoperta la squadra quando la palla la gestisce la Salernitana. Lotta e si sbatte come un assatanato. E’ l’unico nel primo tempo a stimolare Ochoa alla parata, inserendosi alle spalle dei difensori. E poi si procura il rigore con la cazzima tipica dei centravanti veri.

Kvaratskhelia: 6

Nonostante la confusione imperante nel Napoli di quest’anno, talvolta la nebbia si dirada, specialmente se il georgiano può andare in verticale. Quando ha determinati picchi estetici, probabilmente è il giocatore più bello da vedere in Serie A. Sono ancora i suoi cambi di direzione sulla sinistra, conditi da dribbling repentini e mezze rabone, o le combinazioni con i compagni, che dopo lo invitano ad esplorare la profondità o i mezzi spazi, la cosa migliore dell’attacco azzurro. Nella ripresa Mazzari lo libera da schemi e automatismi. E lui cerca di trovarsi spazi vitali ovunque in giro per il campo. Forse con una dose eccessiva di anarchia. Sfiora il vantaggio, ma Ochoa è miracoloso.

Allenatore Mazzarri: 5

L’aspetto più paradossale di questi ultimi mesi è che il Napoli continua ad approcciarsi alle partite con la medesima strategia reattiva utilizzata da Garcia. Con la differenza che il francese immaginava comunque uno scopo tattico: aspettare gli avversari con un blocco medio. Mentre adesso gli azzurri sembrano avere semplicemente paura. Da qui, la sgradevole sensazione che la squadra sia molle e priva di attributi. Sostanzialmente, fuori controllo, durante la gestione del tecnico toscano. Alcuni tra i principali protagonisti della cavalcata scudetto inseguono i loro fantasmi. Ergo, diventa facile per la Salernitana sfruttare lo stato emotivo di chi lotta contro sé stesso. Così, prendere gol diventa praticamente una profezia che si avvera. Mentre l’allenatore sente franare la terra sotto i piedi. La sua totale inadeguatezza si evidenzia nella passività della ripresa, in cui spesso la Salernitana ha praticamente schiacciato nella propria area gli azzurri, palleggiandogli bellamente nei denti.  

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