Il Napoli ha scelto consapevolmente di non giocarsi al meglio la Coppa Italia, questo ormai è già stato assodato. Non c’è dunque necessità di tornare sull’argomento. Stavolta, però, contro la Lazio bisogna fare sul serio. A dirlo sono prevalentemente i numeri, che hanno rivoluzionato la classifica. Ed obbligano gli azzurri a rispondere al sorpasso diretto dell’Atalanta; nonché a quello solo potenziale di una tra Inter e Fiorentina. Ecco com’è andata…
Meret: 6
Ormai, tra le abilità richieste ad un portiere da top club, saper leggere la partita senza palla è diventato un must. Obbliga l’estremo difensore a partecipare all’azione, per giocare coi piedi. Oppure accorciare in avanti, lesto a colmare quello spazio che lo separa dai centrali. Ma il portiere deve parare. E quando al 20’ si accende in un attimo Isaksen, l’Airone vola e manda in angolo il tracciante insidiosissimo. Inoltre, da qualche tempo sembra stia assumendo un approccio meno conservativo, nel senso che tende ad uscire in presa alta, comandando maggiormente l’area. Si affida alla buona sorte sulla sassata dalla distanza di Dele-Bashiru che spacca la traversa.
Di Lorenzo: 5,5
A volte terzino, molto spesso finta mezzala, raramente inconcludente. La versatilità gli permette di arricchire e allargare il possesso con sovrapposizioni (anche interne) fulminee, talvolta difficilmente gestibili da Tavares, che generano costantemente situazioni di superiorità numerica, nel corridoio intermedio o lateralmente. Però Zaccagni è un osso duro da sgranocchiare. Come altri suoi compagni: primo tempo devastante. Ripresa a guardare. Peccato che in settimana abbiano riposato. Ergo, uno scarico mentale ingiustificabile.
Rrahmani: 5,5
Il presupposto del gioco offensivo di Baroni? Alimentare continuamente Dia tra le linee, cui il kosovaro deve dare le giuste attenzioni, perché il franco-senegalese è esigente ed affamato a caccia di spazi nella trequarti dei padroni di casa. Delittuoso, dunque, assecondarne gli spostamenti, adattandosi al suo dinamismo invece di affondare il tackle. Amir non bada ai fronzoli; niente inutili esibizionismi. Contribuisce a far sì che il talento individuale dell’ex Salernitana si noti il giusto. Poi entra Noslin e se lo perde banalmente: l’olandese lavora una gran palla e mette comodamente Isaksen davanti alla porta.
Buongiorno: 6
Si prende cura di Castellanos con tutta la prepotenza del difensore centrale che si è prefisso come unico obiettivo di non fare prigionieri. Così va a contrasto con incisività e recupera la posizione per garantire idonea copertura al compagno di reparto quando rompe la linea e va a prendere alto Dia.
Olivera: 5
Il gioco del Napoli si sviluppa molto in ampiezza, passando per le catene laterali. Per questo l’uruguagio è perfetto: ama raccogliere la palla e cercare di risalire il campo. Pur avendo una buona gamba, non è propriamente elettrico nella spinta. Sicuramente assai tecnico, quando allunga il passo è difficile stargli dietro. Mette le sue qualità al servizio del collettivo: non va mai sopra le righe, ma si spende soltanto in giocate funzionali. Tipo, coprire Kvara quando si mette in proprio o accompagnarlo. La novità è che invece di fornirgli un appoggio lateralmente, si butta dentro, sovraccaricando il corridoio intermedio assieme a McTominay. Tardivo e distratto nell’assorbire l’inserimento di Isaksen in occasione del gol della Lazio. Doppiamente colpevolmente perchè nel precedente possesso offensivo il danese aveva tentato la medesima giocata.
Anguissa: 6
Avere un tuttocampista come il camerunese è oro colato. Uno con la sua dedizione viene sempre guardato con simpatia dai compagni. Magari la sua dimensione da multitasking non ruba subito l’occhio agli amanti dell’estetica. Ma gli stilosi ne devono riconoscere l’intelligenza calcistica. Zambo rimane senza dubbio un profilo caratterizzato da poche ombre e tante luci. Ha spiccate doti nelle letture: arriva col pensiero, anticipando le intenzioni di Dele-Bashiru, prim’ancora che in virtù della tecnica, comunque molto alta. Paradossalmente, proprio questa inclinazione al mimetismo lo fanno passare per una risorsa “normale”. Peccato per il palo, che poteva invertire le sorti del match. Oggi predicava nel deserto.
(dal 91‘ Folorunsho: s.v.)
Con la squadra in evidente difficoltà, in termini di fisicità e qualità, Conte gli concede solo il garbage time. Vero e proprio enigma della stagione partenopea, un mistero ricco di chiaroscuri. Lo specchio della crisi di identità che sta attraversando una delle rivelazioni della passata stagione in Serie A, oggi tristemente adagiato sul fondo della panchina. Incapace di dimostrare le qualità che l’avevano portato addirittura agli Europei.
Lobotka: 6
Dopo aver tirato il fiato in Coppa Italia, si riprende la scena, usando il palcoscenico casalingo per l’ennesima prestazione impeccabile in regia, fatta di fosforo e visione periferica, che gli permette di assistere i compagni stimolandoli al momento giusto. Dargli palla equivale a metterla in cassaforte, al netto della pressione a uomo esercitata da Dia per schermarlo. E si traduce nel saper dosare i passaggi senza rischi o inutili forzature. Inoltre, in fase di non possesso, occupa gli spazi centrali con grande spirito di sacrificio. Peccato che attorno a lui gli altri azzurri nel secondo tempo siano progressivamente spariti dal campo.
(dal 81‘ Gilmour: s.v.)
Gli manca la continuità richiesta per entrare nei sincronismi della squadra, complici senza dubbio le scelte dell’allenatore. Ma il suo stato di forma lascia un tantino a desiderare.
McTominay: 6
La sua fisicità, unita a un’accelerazione esplosiva, che gli consente di strappare, aggredendo la profondità, ricorda a Guendouzi perché è una delle rivelazioni della Serie A. Nel calcio fluido di Conte, McT ama oscillare tra mediana e prima linea, pertanto può esplorare il fronte offensivo, dividendosi la responsabilità con Lukaku, tipo spalla in attacco, arrivando a rimorchio. Nonché, facendo sentire la presenza accanto agli altri centrocampisti. Sollevarli da diversi compiti, evitando che vadano in sofferenza in mezzo al campo. La capacità in generale di adattarsi a qualsiasi ruolo dal centrocampo potrebbe spostare gli equilibri a favore degli azzurri. Se venisse adeguatamente supportato e accompagnato nella spinta.
(dal 86’ Raspadori: s.v.)
Conte si affida a Jack perché gli riconosce la capacità di saper aiutare la squadra in zone centrali. Con e senza palla lavora come un mulo, pressando moltissimo. Cosa non disprezzabile, sa muoversi bene da sottopunta, in virtù della proverbiale predisposizione a cucire il centrocampo con l’attacco. Resta l’impressione che, attualmente, sia un giocatorino.
Politano: 6
Ritmo e velocità lo rendono un cliente particolarmente difficile. L’essenza del suo stile sta tutta nel sinistro che usa chirurgicamente – stop orientato e dribbling incorporato, pure in spazi claustrofobici -, con cui si libera della marcatura di Zaccagni all’altezza del centrocampo, innescando poi la fuga in fascia. Sta imparando a gestire meglio il pallone per rallentare la pressione avversaria e dosare ancora di più i passaggi per i compagni, utilizzando sia l’appoggio verso Lukaku, che lo scarico a favorire la sovrapposizione di Di Lorenzo. Oggi, tuttavia, sono mancati i suoi cambi di campo, che ribaltando il fronte del gioco, danno generalmente respiro alla manovra quando gli avversari fanno densità sul lato forte. Non può cantare e portare la croce, perché poi il glicogeno nelle gambe si esaurisce prima del tempo.
(dal 75‘ Neres: s.v.)
Conte continua a vedere il brasiliano come un’idea, piuttosto che una risorsa: il classico giocatore tecnico e rapido assieme, che riesce a esprimere compiutamente tutto il suo potenziale entrando a gara in corso. Quindi spendibile in transizione, con gli avversari stanchi, fisicamente e mentalmente.
Lukaku: 4
Centravanti forse più prevedibile nei movimenti rispetto al passato. In ogni caso, punto di riferimento imprescindibile. C’è una cosa che più di tutte balza all’occhio e restituisce l’esatta misura dell’impatto generale prodotto sulla manovra offensiva del Napoli: stressa continuamente Gila e Romagnoli (poi Patric) con l’uso del corpo, quando si piazza in post basso, cioè di spalle. Ma è completamente assente nel cuore dell’area di rigore. Il suo killer-instinct sotto porta doveva alimentare sogni e ambizioni dei tifosi, che invece stanno scoprendo un attaccante mai cinico e difficilmente letale.
(dal 91‘ Simeone: s.v.)
E se cominciassimo ad avere un briciolo di fiducia in più ne El Cholito, visto la decadenza di Big Rom? Da quest’orecchio, l’Uomo del Salento pare soffrire di otite selettiva.
Kvaratskhelia: 5,5
Dopo settimane discrete ma non proprio dominanti, in cui ha palesato una certa discontinuità, spegnendo a tratti l’interruttore dell’applicazione, torna a imporre la sua legge, mettendo in mostra quell’ampio repertorio che l’ha fatto accostare a un top player (nonostante l’ingaggio da giocatorino: ma questo è un altro discorso…). Specialmente con tanto campo da “mangiare” davanti a sé, ricevendo fronte porta, tenta di brutalizzare Marusic. Il Napoli vive delle accelerazioni improvvise del georgiano. Le volte che si accende, nei laziali scatta l’allarme rosso. A chiusura del primo tempo, mette col contagiri una palla morbidissima all’incrocio su punizione, che esce davvero di un soffio. E lì termina la sua partita. Il secondo tempo è michelangiolesco, cioè, una pietà. Si intestardisce inutilmente nel cercare di risolverla da solo.
Allenatore Conte: 4
Si parla tanto della fase di non possesso, quella voglia di non concedere alcunché all’avversario talmente esasperata da trasformarsi quasi in ossessione. Ma il Napoli comincia tristemente a somigliare a quelle provinciali asserragliate nella propria trequarti, che concludono talmente poco verso la porta avversaria, per cui l’estremo difensore degli ospiti potrebbe anche non farsi la doccia, spettatore non pagante. E non sudante. Un mucchio di possesso, però i pericoli procurati a Provedel latitano. Il trend della partita forse suggeriva prima di attingere dalla panchina. E poi la squadra ha sbagliato tanti calci d’angolo, da chiedersi se durante la settimana le situazioni su palla inattiva vengano provate concretamente o solo viste su carta.
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