Storica rivalità ma anche due filosofie a confronto. Questo e altro sarà Napoli–Juventus, gara mai banale, a maggior ragione adesso che gli azzurri vogliono consolidare la loro posizione in vetta, proprio contro la rivale meno amata, allungando sull’Inter. Mentre i bianconeri, ancora imbattuti in campionato, arrivano a Fuorigrotta con l’evidente intenzione di fare risultato pieno, così da accorciare le distanze in classifica, rilanciando le ambizioni in ottica scudetto. In effetti, il big-match del Maradona rappresenta pure uno scontro tra modi di concepire il gioco: la capolista è una squadra solida ed equilibrata. La Vecchia Signora invece punta su pressing alto e dominio del possesso. Allora, vediamo com’è andata…
Meret: 6,5
Anche quelli che mettono continuamente in dubbio il talento devono riconoscere che è stato eccezionale nel mortificare Yildiz con il paratone del primo tempo. Non solo perché va giù veloce e aggressivo, accorciando la distanza dal turco così da coprirgli interamente lo specchio della porta. Ma proprio per la lettura, che gli permette di non abboccare alla finta e rimanere in piedi sul primo tocco. Sembra davvero che lo abbia invitato a calciare da quella parte, per poi parargli il tiro.
Di Lorenzo: 7
Essenzialmente, è un facilitatore della manovra, perfetto nello svolgere i compiti del “falso terzino”, all’interno di un meccanismo che prevede, in costruzione, che il capitano compia movimenti in diagonale dentro al campo per affiancarsi ai centrocampisti. Insomma, vede lo spazio che gli concede Cambiaso e prende la strada interna, associandosi ai compagni per ordinare il possesso. Al contempo, non si distrae in fase difensiva, con la Juve che una volta recuperato il pallone cerca immediatamente di verticalizzare verso Nico Gonzalez. Quando Thiago Motta butta nella mischia un indiavolato Mbangula, Di Lorenzo sottomette pure lui.
Rrahmani: 6
Mostra carisma e grande consapevolezza del ruolo di guida della retroguardia. Compensa le uscite del compagno di reparto riequilibrando la difesa, proprio l’abilità nelle letture lo rende particolarmente utile nei recuperi funzionali ad annullare la profondità a Kolo Muani. Peccato che quando sembrava aver preso confidenza nella cura del francese, imparando a conoscerne i movimenti, una disattenzione collettiva abbia generato la rete dello svantaggio.
Juan Jesus: 6
Kolo Muani lo costringe a difendere in avanti, cercando con frequenza l’anticipo. Il fatto di avere esperienza difensiva gli permette di rompere facilmente la linea e tamponare dove c’è bisogno, finendo letteralmente addosso all’avversario per tentare lo scippo risolutore, sbattendogli la porta in faccia. Certo, in occasione del gol del francese se lo perdono malamente.
Spinazzola: 7
Oggigiorno giocare al posto di Olivera è una grossa responsabilità. Leonardo però è capace di ritagliarsi subito uno spazio, perché pur non avendo le medesime letture offensive dell’uruguagio, garantisce equilibrio e solidità, con la palla. Senza, invece, deve disinnescare i fastidi che arrivano da un’ala tecnica e ipercinetica come Yildiz.
Anguissa: 7
In prima costruzione non è un regista; perciò palesa qualche imprecisione nei passaggi. Dà il meglio di sé quando può aggredire lo spazio alle spalle di Thuram. Dovrebbe mandarlo in crisi, partendo da dietro. Ma il figlio d’arte ne assorbe ogni scorribanda. La soluzione di farsi vedere tra le linee dovrebbe consentire al camerunese di convertire una situazione di palleggio statico in qualcosa di diverso: un’opportunità per aprirsi il campo, dando vita a potenziali occasioni offensive. Però la Juve è bravissima a scalare nelle marcature. Ergo, gli spazi si stringono e per lui destreggiarsi nello stratto con la palla tra i piedi diventa un problema. Puntuale all’appuntamento sul cross di Politano, va su che neanche un rimbalzista sotto le plance, e segna il gol pareggio schiacciando di testa.
Lobotka: 6
Giocando davanti alla difesa offre una vasta gamma di abilità e competenze nella gestione del pallone. Metodista con grande visione, modula il ritmo con pazienza e precisione, senza mai strafare. Dunque, la sua partita è ricca di controlli orientati per sfuggire alla pressione di Kolo Muani, che ne scherma le ricezioni iniziali. In fase di non possesso, scivola lateralmente su Thuram: brillante intuizione tattica di Thiago Motta per tirare fuori dal fulcro del gioco lo slovacco, obbligandolo a estenuanti diagonali. Pur se parzialmente estromesso dalla manovra, dispensa comunque passaggi a uno o due tocchi, che però fanno progredire poco la manovra poiché essenzialmente in orizzontale. Unica pecca, da uno che non rischia alcunché non ci aspetta la leggerezza nel tentare di riciclare la palla, con l’area satura di juventini. Morale della favola: recupero altissimo della Vecchia Signora e 0-1 regalato.
(dal 88’ Gilmour: s.v.)
Partecipa con ordine e senza disunirsi all’arrembaggio finale della Juve, tenendo il fortino.
McTominay: 6,5
Da non sottovalutare la ricchezza e la quantità di cose importanti che sa fare: una mezzala dinamica, in grado di macinare chilometri in campo e interpretare con fine intelligenza calcistica la fluidità posizionale voluta da Conte. L’atipicità del doppio ruolo (centrocampista o attaccante aggiunto), abbinata all’uso del fisico le volte che decide sia giunto il momento di occupare l’half space, sono abbastanza indicative di come si svilupperà la contrapposizione con Koopmeiners. McT recupera palla, poi se ne libera. E quando attacca l’area di rigore sovrasta in maniera quasi imbarazzante l’olandese. Conquistando un meritatissimo rigore con uno smarcamento sontuoso
Politano: 6,5
Nel duello con Cambiaso riesce a imporre il suo calcio elegante, fatto di intensità e corse in conduzione. La capacità di resistere alla pressione, muovendosi pure senza palla, stimola la squadra partenopea ad approfittare degli spazi che apre l’ex Sassuolo e Inter, occupandoli con Di Lorenzo. Confeziona il pareggio servendo un assist visionario ad Anguissa al culmine di un assolo magistrale, tutto finte e sterzate.
(dal 81’ Mazzocchi: s.v)
Il ragazzo di Barra è l’anti-eroe per eccellenza: abnegazione, spirito di sacrificio e coinvolgimento emotiva sono le caratteristiche che mette in campo. Tutto questo piace tanto ai tifosi napoletani.
Lukaku: 6,5
La sua voglia di fare a spallate è nota. A guardarla non è un’azione particolarmente spettacolare. Nondimeno, significativa di come Big Rom non accetti assolutamente di farsi sovrastare da Gatti. Del resto, il centrale bianconero sa che quella specifica giocata – sponda a favorire l’inserimento da dietro – viene utilizzata in modo ricorrente per attivare il centravanti belga. Il loro confronto, tutto muscoli e sportellate, sembra pensato per un pericolosissimo match di MMA: corpi come armi contundenti, spigoli insidiosi e massicce sporgenze. E non delude affatto le attese. Freddo come il ghiaccio dal dischetto, smarca Di Gregorio che qualche minuto prima gli aveva letteralmente strozzato in gola l’urlo per il gol, volando su una sua capocciata prepotente.
(dal 88’ Simeone: s.v.)
E’ uno di quegli attaccanti dall’indole predatoria, che entrando dalla panchina può approfittare della stanchezza degli avversari per cercare di arrecar loro danni. Leggendario il tentativo di scippare il pallone in un mischione fantozziano, strisciando per terra e mettendoci veramente la faccia.
Neres: 6
Evidente che del giocatore un pò fumoso, utile per far rifiatare Kvara, non ci sia più alcuna traccia. Ormai consapevole della centralità assunta nel progetto di Conte. Basta osservate la serenità con cui punta McKennie. Con quei piedi educati, e una velocità di base notevole, le possibilità del brasiliano appaiono infinite. Dando l’idea (in verità, un po’ fasulla) di poter buttare giù la Juve quasi in solitudine. Chiude stremato, dopo aver anche cambiato fascia in seguito alle sostituzioni.
(dal 91’ Ngonge: s.v.)
Appena entrato conquista un fallo importantissimo in fase difensiva, strappando palla a McKennie. Sul ribaltamento, quasi trova il terzo gol, salvato in extremis da un recupero prodigioso di Douglas Luiz.
Allenatore Conte: 7
Il vero simbolo del Napoli che ha un chiaro manifesto identitario, basato su sacrificio e controllo degli spazi, siede in panchina. L’Uomo del Salento merita l’immagine di copertina, perché questa squadra, da mera rivelazione, s’è trasformata in principale candidata allo scudetto. Stratega e motivatore, non sente il “suono dei nemici”, anzi li obbliga a ricredersi. La Juve fonda il suo gioco su due concetti-chiave: pressione alta e intensa; nonché qualità in verticale. Gli azzurri soffrono ma non vanno al tappeto. E nella ripresa, con un gioco collettivo avvolgente e martellante la ribalta.
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