Per l’Italia Under20 si è chiuso un Mondiale agrodolce. Gli Azzurrini hanno dovuto lasciare il passo in finale all’Uruguay, non senza qualche recriminazione di troppo, avendo disputato l’ultimo atto della competizione su un campaccio, equiparabile a una pietraia, piuttosto che al classico tappeto verde. Uno scenario che probabilmente ha favorito più la fisicità della Celeste.

Ai ragazzi di Carmine Nunziata va comunque riconosciuto il merito di aver sviluppato un calcio assai qualitativo, dall’indole decisamente proattiva. Oltre ad aver messo in luce un mucchio di talenti. Al di là dei “soliti noti”, ovvero il terzetto composto da Baldanzi, Pafundi e Casadei, laureatosi Scarpa d’Oro della rassegna iridata con 6 gol, nonché votato all’unanimità miglior giocatore del torneo, c’è solo l’imbarazzo della scelta.

Rimanendo nel giardino di “casa Napoli”, si è parlato (e se ne parlerà ancora molto in futuro…) specialmente di Giuseppe Ambrosino

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Grosso e abile tecnicamente

Il Commissario Tecnico, nel suo 4-3-1-2, aveva inizialmente altre opzioni offensive, presumibilmente anche a causa del ritardo con cui la punta originaria di Procida ha raggiunto i compagni in ritiro, per via della fine del campionato di B. All’esordio c’era dunque Francesco Pio Esposito dal primo minuto a muoversi là davanti.

Ma già dalla seconda gara della fase a gironi, Ambrosino è diventato titolare inamovibile. Alternandosi in un sistema che, sulla base dell’avversario di turno, prevedeva una seconda punta di piccola taglia, estrosa, che dà importanza ai fondamentali, come Pafundi. Oppure la soluzione col “doppio centravanti”, schierando l’ex Napoli assieme all’interista.

Del resto, sfruttare una risorsa offensiva come il procidano, alto un metro e ottantasette, con spalle veramente larghe e che usa la postura del corpo per assorbire i contatti, capace tuttavia di palesare una innata confidenza con l’attrezzo, a tratti impronosticabile per uno così grosso, rende relativamente semplice ogni situazione.    

In generale, l’impianto tattico dell’Italia è cucito sul concetto di orientare le punte sui difensori centrali: uno ne “fissa” la posizione, sfruttando la profondità. L’altro si muove all’opposto, abbassandosi verso il possessore. Un modo intelligente per favorire l’occupazione della zona alle spalle della prima linea, con l’obiettivo di far ricevere libero dalla marcatura Baldanzi in quella porzione di campo. 

Accumulare minuti ed esperienza

Essere andato in prestito al Como, e poi al Cittadella nel mercato di riparazione, ha aiutato Ambrosino a togliersi di dosso alcune tendenze tipiche degli attaccanti un passo avanti rispetto ai coetanei. In grado cioè di dominare se opposti ai pari età. Quella falsa sicurezza di poter fare le medesime cose pure tra i professionisti, senza pagare lo scotto del noviziato in Serie B. Nel Primavera, infatti, aveva messo in ginocchio intere difese, manco stesse nel giardino di casa sua, abbinando tecnica d’alto livello e atletismo fuori scala. Rubando l’occhio pure a Luciano Spalletti.

Forse la prossima stagione gli riserverà un’altra gita fuori porta, perché deve necessariamente giocare con una certa continuità, accumulare minuti e abituarsi a resistere contro avversari esperti, se intende davvero sopravvivere ai marpioni della cadetteria: gente scafata, che difficilmente si lascia sopraffare da un ragazzino.

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