Per capire veramente cosa stia succedendo all’ombra del Vesuvio, al di là della partita che il Napoli ha fatto a San Siro, bisogna fare una considerazione: Antonio Conte è entrato perfettamente in simbiosi con i suoi giocatori. E se la squadra partenopea è tornata ad essere subito competitiva, nonostante gli scempi della passata stagione, molti meriti vanno riconosciuti proprio all’Uomo del Salento. Che ha trovato la chiave giusta per rigenerare un gruppo apparso soltanto qualche mese fa spremuto, mentalmente e calcisticamente, dal biennio spallettiano. Non a caso culminato con la conquista di uno storico scudetto.

C’è un aspetto importantissimo da tenere conto: il sistema di gioco. Niente estremismi, il 4-3-3 associato all’intensità nel palleggio qualitativo non sono più dogmi incontrovertibili. Adesso nel dna degli azzurri ci sono dosi abbondanti di fluidità posizionale. Al punto che il passaggio in corso d’opera al 4-2-3-1 ormai è una consuetudine radicata.

Baricentro medio, reparti stretti e corti all’interno della propria trequarti, linee talmente serrate da non concedere alcunché al Milan, né in ampiezza, tantomeno in profondità. Fatta eccezione per un paio di errori fantozziani in situazione di costruzione bassa. Forzature grossolane dovute anche all’intensità del pressing ultra-offensivo portato dal Diavolo. Che ha alzato il ritmo dopo lo svantaggio, al punto da obbligare Di Lorenzo ad un rischiosissimo passaggio incrociato in uscita. Follia che ha messo in condizione Musah di battere a rete, sfiorando il palo. Quindi prodotto l’incomprensione tra Buongiorno e Gilmour, vicini a cucinare un fritta tone dalle proporzioni bibliche.

Cinismo è diverso da difensivista

I detrattori della capolista, in servizio permanente effettivo, lo chiamano difensivismo. Magari sarebbe più giusto etichettarlo in termini meno spregiativi: cinismo ci starebbe sicuramente meglio. Del resto, accentuare la densità centrale permette poi di creare ampi spazi sugli esterni. Situazione esplorata in maniera asimmetrica dal Napoli al cospetto dei rossoneri. Con Di Lorenzo e Politano bravi a sviluppare il gioco in catena a destra. Mentre sul versante opposto era palese l’intenzione di isolare Kvaraskhelia, consentendogli di duellare uno vs uno contro Emerson Royal.

Un elemento da non sottovalutare nel Napoli attuale è lo stato di (apparente) difficoltà in cui si trova(va) Lukaku. Evidente quanto nelle ultime settimane Big Rom sentisse il peso di dover spazzare via i mugugni di parte della critica, che gli imputava la mancanza di risolutezza negli ultimi sedici metri. Se l’obiettivo degli haters, dunque, era quello togliergli l’onere di dover per forza risolvere da solo la partita, ci sono riusciti perfettamente. Magari ora avranno l’onestà intellettuale di riconoscere come i motivi alla base del suo rendimento fossero prevalentemente tattici. Le continue sponde ne esaltano la fisicità, finendo tuttavia per inibirne le innegabili doti nell’aggredire la profondità. Peccato che appena abbia incontrato sulla sua strada un avversario col baricentro alto, l’imbucata di Anguissa, visionario nell’esplorare lo spazio tra Thiaw e Pavlović, l’ha smarcato facilmente davanti a Maignan.

Napoli prova di fuga

In definitiva, in tanti stanno cercando di dare la loro personalissima rilettura ad un Napoli che azzarda il primo serio tentativo di fuga, momentaneamente a + 7 sull’Inter, pur se privo di guizzi esteticamente rilevanti. Peccato che in Serie A vige da sempre la legge del realismo. Raro che la Grande Bellezza consenta estemporanei voli pindarici. Manco Sarri ed i 91 punti non avessero insegnato nulla. Lecito dunque rappresentare nella maniera più fedele possibile il pragmatismo della squadra partenopea piuttosto che raccontare ai lettori una storia modellata sulla scorta del pregiudizio. Al momento, gli azzurri sono meritatamente in testa alla classifica. Oggi e così, domani chissà…

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