Nel calcio, specialmente in ambienti assai passionali come Napoli, si va continuamente alla ricerca di figure a modo loro rivoluzionarie. In grado cioè di cambiare le sorti di un gruppo, sia sul piano del gioco, che dal punto di vista caratteriale. Insomma, all’ombra del Vesuvio sperano davvero che Antonio Conte possa influenzare il destino degli azzurri, così come ha tenuto magistralmente la scena durante tutta la conferenza stampa di presentazione. Gestita con la passione e la competenza tipica dei divulgatori coraggiosi.

Ovviamente, sarà poi il campo a fare da giudice unico. Nel frattempo, in tanti già si interrogano su quale sarà il suo atteggiamento tattico nella prossima stagione. Pare evidente, infatti, è lo testimoniano gli Europei in svolgimento, che l’evoluzione del calcio contemporaneo stia facendo emergere sistemi sempre più ibridi. Una fluidità, che si traduce in un nuovo approccio nello sviluppare i vari moduli. Partendo dal presupposto che nessuna idea è davvero innovativa. Bensì, solo reinterpretata all’interno di un contesto diverso. D’altronde è risaputo che cicli e mode si alternano, susseguendosi nel tempo. Chiaramente la realtà rimane maggiormente sfumata rispetto a qualsivoglia contrapposizione di tipo ideologico.

Novità dagli Europei

La rassegna continentale in Germania certifica quanto ancora ci sia spazio di manovra per quegli allenatori che vogliono sperimentare, o comunque non attenersi a modelli precostituiti. Oggi persino di più che in passato. Con il compito specifico di rendere duttili le loro squadre. Oscillando, dunque, tra l’ordine della tradizione. Ovvero, i principi della difesa a quattro. Esprimendosi con cognizione nel classico 4-3-3, piuttosto che decriptando la sua naturale evoluzione: il 4-2-3-1.  E l’apparente “disordine” del 3-4-2-1. Non ordinario e perciò, a tratti decisamente imprevedibile. Perché impostato sulla formula di un 3+2 in fase di costruzione, che mette il talento offensivo di mezzali e trequartisti al servizio del collettivo. Saturando, in pratica, ognuno dei cinque corridoi verticali in cui è idealmente diviso il terreno di gioco. Al contempo, senza smarrire alcun equilibrio.

Del resto, la fase di non possesso si basa su un concetto molto semplice: ci si difende nello stesso numero di uomini con cui si attacca. Un aspetto che viene talvolta trascurato, quello della parità numerica nelle due fasi. Di cui si parla troppo poco. Quindi, il 3-4-2-1 si trasforma facilmente in uno schieramento estremamente propositivo. La sostanza non cambia, le volte che l’allenatore schiera i suoi col 3-2-4-1 (o 3-2-5). Perché in cinque occupano posizioni sottopalla. Mentre altri cinque si alzano nella trequarti avversaria.

Kvara al centro del progetto

Significativo che Conte vorrà stimolare i suoi calciatori più creativi. In particolare Kvaratskhelia. La rigidità della difesa a tre imporrebbe al numero 77 di sfiancarsi in un gravoso e oscuro lavoro lungo l’intera fascia. Anziché avvicinarlo alla porta, facendolo giocare da seconda punta pura, dentro al campo, con il marcatore costantemente avvinghiato alle caviglie. E sappiamo quanto il georgiano soffra muoversi di spalle alla porta. Una situazione che gli sottrae lucidità, rendendolo nient’affatto pericoloso. Visto che nel suo dna sono impresse letture attente e precise. Tipo ricevere e puntare, isolandosi nell’uno contro uno e determinando col dribbling.

Con un sistema “alternativo”, invece, un ruolo decisivo lo dovrebbero svolgere i laterali a tutta fascia. Sono proprio i loro spostamenti coordinati a generare una grande fluidità posizionale nello sviluppo del possesso. Creando scenari in cui, a turno, uno tra Di Lorenzo e Olivera (o Mario Rui), rompe l’allineamento e si stacca, scalando in avanti. Un gioco nient’affatto codificato dalla mediana in sù, dove gli scivolamenti in avanti consentono di occupare con continuità impressionante l’ampiezza ed i “mezzi spazi”. Permettendo a ben cinque giocatori di partecipare attivamente nella costruzione della manovra offensiva.

A quel punto, si potrebbe esaltare Kvaratskhelia: in un contesto che gli permette di attaccare lo spazio profondo. Ricevendo sulla corsa e mai di spalle, e trasformandolo in target privilegiato per i passaggi dei compagni. Sul lungo, se il Napoli volesse esplorare lo spazio tra le linee. Sul corto, qualora gli azzurri fossero intenzionati a consolidare il possesso, variando i ritmi e l’intensità. Magari per rifiatare attraverso il giropalla. Oppure stanare l’avversario, invitandolo a pressare, nel vano tentativo di rimpossessarsi del pallone.

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