Domenica sera il Napoli dovrà fare molta attenzione a Zlatan Ibrahimović. Il Milan che occupa meritatamente la vetta della classifica ha dimostrato in questa parte iniziale del campionato di essere una squadra qualitativamente in grado di concorrere fino alla fine almeno per un posto tra le Fab Four.  

Al di là della bontà del lavoro condotto finora da Stefano Pioli, è innegabile che il catalizzatore delle ambizioni rossonere sia proprio Ibra.

Al netto dei 39 anni, lo svedese appare ancora il centro di gravità permanente, attorno al quale ruota tutto il sistema di gioco del Milan.

Tuttavia, considerare Zlatan al passato, come se fosse quasi un ex calciatore, sarebbe un gravissimo errore. Piuttosto che un monumento a sé stesso, tristemente avviato sul viale del tramonto, infatti, Ibrahimović continua a fare la differenza.

Magari il dinamismo non è quello di un tempo. In campo sta per lo più fermo. Pressa poco. Si vede che cerca di risparmiarsi un po’ di fatica. Specialmente quando si tratta di aggredire i centrali avversari in possesso della palla.

Sostanzialmente, si amministra. Resta comunque un animale calcistico, con uno spiccatissimo senso del gol. Una sentenza mortifera negli ultimi sedici metri.

Ma l’impatto sulle strategie dei rossoneri va ben oltre le reti segnate. Specialmente sul piano tattico la sua presenza diventa imprescindibile, affinchè Pioli possa adattare il piano gara del Milan all’avversario di turno.

Lo svedese è funzionale contro squadre dall’atteggiamento conservativo. Molto chiuse. Vogliose di speculare sulla fase di non possesso, con un baricentro basso e compatto.

Il lancio su Ibrahimović, quindi, rappresenta la soluzione ideale per allungare le maglie e creare spazi tra le linee.

Al contempo, lo svedese diventa utilissimo per uscire dal pressing avversario.

Perché se la squadra si trova in affanno con il palleggio e la costruzione della manovra diventa difficoltosa a causa dell’aggressività della controparte, risulta estremamente facile cercare direttamente l’uomo più vicino alla porta altrui.

Una giocata che ha costantemente esaltato l’ego smisurato di Ibrahimović in ogni singola tappa della sua carriera. Gratificato dall’idea di fare a sportellate, attirando le attenzioni dei difensori su di sé.

Insomma, a dispetto dell’età, continua a fare reparto da solo.

Quasi una prova di forza dal sapore vagamente irriverente nei confronti di chi avesse l’ardire di contendergli i rimbalzi offensivi.

D’altronde, alla fisicità associa un’altra caratteristica fondamentale. La capacità nelle letture. Quella visione di gioco che gli permette di fare il gesto tecnico più giusto in relaziona ai movimenti dei compagni e degli avversari.

In particolare, lo svedese è ineguagliabile quando si abbassa verso il centrocampo, dialogando con i compagni che accorciano in zona palla. Oppure aprendo gli spazi per gli inserimenti del terzetto di trequartisti che gravitano alle sue spalle

In definitiva, ormai Ibrahimović è un’icona, prim’ancora che il prototipo del centravanti moderno.

Così, nonostante il Milan si presenti al San Paolo con una precisa identità. Nondimeno, diffusa è la sensazione che i rossoneri siano una squadra capace di reggere il ruolo di capolista soprattutto fino a quando Ibrahimovic sarà in grado di caricarsela sulle spalle…

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