Equilibrio e dinamismo, condito da un pizzico di spietatezza, che a questi livelli non guasta mai. Il Napoli pare aver ritrovato di colpo tutte le certezze smarrite nelle settimane passate.
Al cospetto di una Fiorentina comunque pericolosa e mai doma, nonostante il passivo suggerisca ben altro, gli azzurri hanno costruito una partita di grande personalità. Impreziosita da colpi di genio individuali. Ma dominata attraverso un gioco collettivo non solo efficace. A tratti persino esteticamente coinvolgente.
L’importanza di Petagna nel gioco del Napoli
Se ancora ce ne fosse bisogno, Andrea Petagna ha dimostrato di essere tutt’altro che un semplice attaccante di scorta. Contro la Viola ne ha dato ampia documentazione, garantendo una prestazione di sostanza.
Paradigma dell’importanza che il Bisontino si sta ritagliando all’interno della squadra partenopea. E chiarisce un punto fondamentale relativo alla centralità che l’ex Spal può ricoprire nell’idea di calcio cui aspira Gennaro Gattuso.
Perché è diverso da tutti gli altri offensive players in organico. Ed a dispetto di una fisicità debordante, che ne farebbe immaginare un uso esclusivamente speculare nell’andare al rimbalzo, sa rendersi utile in tantissimi modi diversi.
I due assist forniti nel primo tempo testimoniano come per Petagna il pensiero tattico corra assai più velocemente del gesto tecnico.
In occasione del vantaggio iniziale, in una frazione di secondo, taglia fuori il difensore, prendendo posizione con il corpo interposto tra la palla ed il diretto avversario. E consapevole di non poter fare altro, scarica all’indietro per Insigne.
Sul raddoppio, mette in ombra l’egocentrismo tipico degli attaccanti in area di rigore. Pur vedendo un’abbondante porzione di porta, tra l’altro, con il pallone sul piede preferito, preferisce fornire un altro cioccolatino. Che Demme non poteva certo esimersi da scartare…
Quanta verticalità contro la Viola
Al di là del risultato tennistico, tuttavia, ad impressionare maggiormente è stata la capacità del Napoli di leggere la partita, interpretando il piano gara in funzione di quello che la Fiorentina aveva preparato per imbrigliare la squadra di Gattuso.
E che, invece, Ringhio gli ha letteralmente girato contro. L’atteggiamento tattico della Viola, infatti, era orientato ad una pressione alta ed esasperata, tesa a stornare la pulizia nell’avanzamento del pallone ai padroni di casa.
In effetti, per larghi tratti del match, i gigliati sono stati in grado di esprimere una discreta pressione in avanti, portando tanti uomini sin dentro la trequarti azzurra. Disinnescata consapevolmente dai partenopei, con un attacco prevalentemente verticale.
Constatato che in fase di possesso, la manovra ordita da Prandelli determinava parità numerica, non essendoci più alcun vantaggio nello sviluppare un possesso basato sul gioco corto, il Napoli ha optato per una soluzione diretta. Specialmente all’inizio, in cui la pressione era forte.
E dove ha fatto la differenza Ospina. Non deve sorprendere, quindi, che nonostante giochi in una squadra che viene associata al palleggio corto e alla costruzione bassa, il portiere colombiano abbia effettuato un altissimo numero di passaggi chiave, lanciando lungo, alla ricerca del centravanti posizionale.
La parola d’ordine è sempre equilibrio
Appare evidente che l’improvvisa defezione di Fabiàn Ruiz abbia costretto Gattuso a ridisegnare lo schieramento pensato alla vigilia.
Ovviamente, Demme è un centrocampista più riflessivo, rispetto allo spagnolo. Capace di orientare la risalita della palla dal basso in maniera ordinata, nel momento in cui l’avversario ha provato ad intasare le linee di passaggio. Traducendo il giropalla in ribaltamenti vantaggiosi, tesi a creare maggiori spazi.
Nondimeno, abile nel riconoscere l’opportunità di sfruttare le ripartenze, per attaccare la profondità in sovrannumero. Per esempio, l’azione del 2-0 è l’inevitabile conseguenza di una situazione gestita sontuosamente.
Nasce da un recupero cercato ostinatamente. E da lì, ben cinque azzurri si sono lanciati in una rapidissima transizione, saturato le corsie laterali ed i mezzi spazi. Spaccando praticamente in due la Fiorentina.
Ma quello che ha fatto veramente la differenza, è il lavoro oscuro in fase di non possesso dell’ex Lipsia.
Effettivamente, con Demme il Napoli ha assorbito gli attacchi degli ospiti, disegnando un equilibrato 4-1-4-1. Nel quale Bakayoko rimaneva tra le linee, a protezione della difesa, nonché in copertura rispetto alla mediana. Ed il tedesco occupava sostanzialmente la posizione di interno destro, con Zieliński che gli scivolava al fianco.
Insomma, un più tradizionale centrocampo a quattro, pratico ed efficace. Così, i due che giostrano nella posizione di pivote non devono impegnarsi in lunghe corse per ricucire distanze elefantiache tra i reparti, che rimangono continuamente stretti e corti.
Rendendo agevole pure la costruzione dei triangoli tra attaccante centrale, esterno e mezz’ala, quando il polacco scalava in avanti, da classico trequartista.
