Quando sembrava che la vittoria con l’Udinese avesse riacceso gli entusiasmi all’ombra del Vesuvio, il Napoli piomba nuovamente nella più cupa depressione: l’infortunio di Alessandro Buongiorno, infatti, scombina i piani ad Antonio Conte, obbligato a ridisegnare la difesa.  All’improvviso, dunque, in città si è passati dalla gioia scaturita dalla netta prova di forza contro i friulani a un sentimento a metà tra rabbia e rassegnazione. Perché adesso le aspettative dei tifosi sono molto vicine allo zero, consapevoli che nelle gerarchie del tecnico salentino la scelta dovrebbe cadere presumibilmente tra Juan Jesus o Rafa Marin.

Allora, serve ben altro per risollevare il morale dell’ambiente partenopeo, orfano del suo affidabilissimo “muro”, eletto novello idolo del Maradona a furor di popolo. Terrorizzato dal rendimento scadente tenuto dai due ricambi nelle poche occasioni in cui sono stati mandati in campo. In realtà, ben pochi scommettono un centesimo sul brasiliano, ormai esausto, manco fossero passati anni luce dall’ultima volta in cui ha sfoggiato le sue qualità in marcatura. Trascurando al contempo l’amarezza per il neofita spagnolo, mai davvero in rampa di lancio. Inadatto ad esprimersi compiutamente su un palcoscenico complicato come la Serie A. Evidente ne debba fare ancora di gavetta, per completare la crescita e meritarsi certi livelli.

Di Lorenzo tatticamente utile

Insomma, è il momento in cui l’inerzia fisica e la sicurezza emotiva del reparto arretrato potrebbe venire meno. Per cui sabato pomeriggio col Genoa tutti gli occhi saranno puntati sull’allenatore. Il paradosso è che non potendo contare su un vero fuoriclasse del calibro di Buongiorno, per amor di modulo, Conte opti per adattare al fianco di Rrahmani uno dei pilastri più saldi del suo schieramento, cioè Giovanni Di Lorenzo. Schierare il capitano, sacrificandolo centralmente, ha una spiegazione tattica plausibile. L’idea rimane quella di mantenere ordine ed equilibrio sotto la linea della palla, sfoggiando un gioco magari poco adrenalinico. Nondimeno, assai efficace.

Il terzino della Nazionale è l’esempio lampante di cosa possa fare un fine stratega e grande motivatore come l’Uomo del Salento: solamente pochi mesi fa il numero 22 appariva praticamente smarrito. Talmente stralunato, che una parte della critica gli aveva affibbiato l’etichetta di bollito, avviato mestamente sul viale del tramonto. Oggi è tornato a spadroneggiare sul binario di destra, proponendosi palla al piede. Ovviamente, una cosa è gestire la fascia, coprendo lo spazio oppure scatenato il proprio furore agonistico in sovrapposizione, esterna o saturando il corridoio intermedio. Tutt’altra garantire attenzione costante avendo un riferimento diretto, accettare il duello con l’obiettivo di ottimizzare la contrapposizione individuale. Situazione che impone un surplus di applicazione, fisica e mentale, funzionale a limitarne poi ogni azione.

Spinazzola jolly efficace

In definitiva, a Marassi potremmo avere l’occasione di rivedere Di Lorenzo centrale. A quel punto, lecito interrogarsi su chi lo sostituirebbe nello slot di laterale. Con Mazzocchi bloccato in infermeria, la coperta si accorcia inesorabilmente. Conte non ama a sorprendere, tantomeno improvvisare formazioni irrazionali. In soldoni, niente Zerbin, un po’ indolente in Coppa Italia contro la Lazio. Bensì Spinazzola, maggiormente abituato a scalate di reparto, oltre a scivolare con prontezza per assorbire gli inserimenti dell’esterno offensivo.

Chiaro che nulla vieta di immaginare l’utilizzo di uno tra Juan Jesus o Rafa Marin. Il tecnico non nutre alcuna preclusione nei loro riguardi. Inoltre, schierare un centrale di ruolo favorirebbe determinati meccanismi. Che si traducono non soltanto nel muoversi in sincronia col compagno di reparto. Ma soprattutto nel leggere la giocata del centravanti avversario. Quindi, sapere quando rompere la linea e uscire forte per forzare l’errore, sottraendogli tempo e spazio. Piuttosto di temporeggiare, scappando all’indietro, ricompattando l’equilibrio difensivo. Siamo all’inizio della settimana, i margini per lavorare e ragionarci su sono ancora tanti.

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